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Franciacorta, un weekend nella terra dello spumante che il mondo ci invidia. Il festival da non perdere

Nel 1961 la nascita di questo marchio che distingue un pezzo pregiato di territorio lombardo. La tre giorni di degustazioni e visite nel territorio

Francesco Saverio Russodi Francesco Saverio Russo   
La bellezza di un territorio: Franciacorta (Foto Shutterstock)
La bellezza di un territorio: Franciacorta (Foto Shutterstock)

Il viaggio fra cantine e filari di oggi ci porta in Franciacorta, storico areale vitivinicolo lombardo, a pochi km dalla metropoli milanese eppure così avulso dalle dinamiche cittadine. Siamo sulle sponde del Lago d’Iseo, in un’area di circa 200kmq che comprende 19 comuni della Provincia di Brescia ed è qui che è nata la prima doc italiana dedicata a uno spumante.

Il nome che fa indispettire i "cugini"

Facciamo un passo indietro e chiediamoci il perché di questo nome così particolare e dibattuto che, in tempi non sospetti, ha fatto storcere il naso ai cugini d'Oltralpe convinti che ci fosse un uso improprio e volontario del nome della patria dello Champagne. Il nome Franciacorta è, in realtà, legato a Francae Curtes e deve, quindi, la sua matrice etimologica all’arrivo dei monaci cluniacensi che trasformarono l'areale in una “corte franca”, ovvero una zona libera dal peso dei dazi commerciali. Il territorio, per lo più collinare deve, invece, i suoi natali geologici al ritrarsi dei ghiacciai. Fenomeno che, oltre 10.000 anni fa, ha creato l’Anfiteatro Morenico Sebino, culla naturale e vocata dei vigneti della Franciacorta.

(Foto Shutterstock)

60 anni fa il "big bang" di Berlucchi e Ziliani

Facendo un salto in avanti nel tempo fino ai giorni nostri possiamo cerchiare l'anno 1961 come data di inizio della storia moderna della Franciacorta come patria del metodo classico italiano. E', infatti, nel 1961 che nascono i primi spumanti prodotti con quello che poi sarà codificato come “metodo Franciacorta”, grazie all'opera dell'intuizione pionieristica di enologi come Franco Ziliani, Era il 1955 quando Guido Berlucchi chiamò l'allora giovanissimo Ziliani per una consulenza sulla sua piccola produzione di vini fermi. Ziliani, si confrontò con Guido, assaggiò i suoi vini ed ebbe l'intuizione della spumantizzazione. Era un suo grande sogno, quello di produrre un metodo classico tutto italiano, che riuscì a realizzare nel 1961, per l'appunto.

Ziliani fu lungimirante anche nella scelta del nome: Pinot di Franciacorta, per sottolineare l’appartenenza al territorio. Una “start-up” che tracciò la strada a tutte le aziende che vennero successivamente, tra le quali spiccano alcune delle più importanti realtà spumantiere italiane.

Corte Lantieri in provincia di Brescia, nel territorio di Franciacorta (Shutterstock)

Un successo dopo l'altro

Il riconoscimento della DOC arriva di lì a poco e precisamente nel 1967, delineando quello che rappresentava il primo disciplinare di una denominazione di origine italiana a completa trazione spumantistica. Grazie al lavoro del consorzio (nato per volere di 29 produttori, il 5 marzo del 1990) il vino Franciacorta, nel 1995, ottiene l'ulteriore riconoscimento della DOCG. Consorzio che ha voluto anche la zonazione che, con il supporto dell’Università Agraria di Milano, ha permesso di individuare micro-aree con pedoclimi differenti e quindi adatti a diverse varietà.

Sei tipi di paesaggio vinicolo

Con lo studio di zonazione è stata redatta la carta delle Unità di paesaggio, aree omogenee sia per caratteristiche dei suoli che per paesaggio (morfologia, pendenza, esposizione, caratteristiche del mesoclima) e la carta vocazionale che ne descrive sei differenti.

Una zonazione che non vuole fungere da “classificazione” qualitative di aree e matrici pedoclimatiche, bensì diviene uno strumento per i viticoltori, gli agronomi e gli enologi che vogliono poter attingere a dati certi per la valutazione previa all'impianto di un nuovo vigneto o per la compilazione più esaustiva di schede tecniche dei vini prodotti in una determinata unità vocazione.

I vigneti in Franciacorta (Shutterstock)

Unità Vocazionali che sono così suddivise:

-        Depositi fini

-        Fluvio-glaciale

-        Colluvi distali

-        Morenico profondo

-        Colluvi gradonati

-        Morenico sottile

N.B.: potete trovare un approfondimento relativo alle specifiche di ogni unità nel sito del consorzio per la tutela del Franciacorta.

Nel regno del Pinot e dello Chardonnay

Oggi l'areale conta ca. 2.800 ettari vitati a Franciacorta DOCG con percentuali così suddivise: 82% Chardonnay, 14% Pinot Nero, 4% Pinot Bianco. Infatti, il Franciacorta può essere prodotto, da disciplinare, con uve Chardonnay, Pinot nero e Pinot Bianco (massimo del 50%). Nel 2017 è stato introdotto l'Erbamat, vitigno autoctono molto utile per conferire acidità ai vini nonostante i cambiamenti climatici.

Le rese non possono superare i 100 q/ha e la vendemmia è e obbligatoriamente manuale.

Le tipologie sono:

- Franciacorta NV: almeno 18 mesi sui lieviti;

- Franciacorta Satèn* e Franciacorta Rosé NV: almeno 24 mesi sui lieviti;

- Franciacorta Millesimato, Franciacorta Millesimato Satèn e Franciacorta millesimato Rosé: almeno 30 mesi sui lieviti;

- Franciacorta Riserva, Franciacorta Riserva Satèn, Franciacorta Riserva Rosé: almeno 60 mesi sui lieviti;

*Il Satèn è una particolare tipologia che può essere prodotta da sole uve Chardonnay e Pinot Bianco (max 50%), con pressione minore (-5 atmosfere) che lo rende “setoso”.

I dosaggi previsti dal disciplinare sono: Pas Dosé, Extra Brut, Brut, Extra Dry, Sec o Dry, Demi-Sec.

Il nome Franciacorta® è oggi sinonimo di territorio, metodo e vino, tanto che una legge europea vieta l’utilizzo della parola Spumante per definirlo, proprio come accade per lo  Champagne.

Un festival da non perdere

Per quanto concerne l'enoturismo è iniziato proprio questo weekend il Festival  Franciacorta che vede impegnate moltissime realtà del territorio, coordinate attraverso l'attività del consorzio, nel mostrare le peculiarità dell'areale e della propria produzione vitivinicola coniugando momenti di degustazione a tutte le altre attività che la Franciacorta offre. Interessante, in tal senso, la variegata proposta suddivisa per “itinerari tematici” che il sito del festival propone: Foodie, Wine Lovers, Bio/Sostenibilità, Arte/Cultura, Avventura, Sport, Wellness, Family&Pets, Shopping, Natura.

Tre giorni di full immersion

L'idea del Festival, che si concluderà questo weekend, è quella di poter permettere a un pubblico di appassionati e addetti ai lavori di visitare in maniere più disinvolta e coesa le cantine del territorio, coniugando la degustazione dei vini delle singole realtà a gustose proposte gastronomiche tipiche e non, coinvolgenti iniziative culturali, artistiche, musicali e sportive. Un viaggio attraverso  monasteri, castelli e dimore storiche abbracciate dai vigneti, seguendo il filo conduttore dell'enogastronomia.

Se è vero che i vini di Franciacorta fanno della versatilità e dell'apertura ad abbinamenti estrosi e non omologati i propri punti di forza è altrettanto vero che c'è una radicata cucina tipica da provare, specie se si è per la prima volta sul territorio, magari prendendo in considerazione il wine pairing, non solo con i metodo classico, ma anche con gli altri vini prodotti dalle cantina franciacortine, compresi alcuni ottimi rossi.

Tutte le degustazioni

La cucina tipica è, infatti, imperniata sulla semplicità e sulla logica della territorialità di antiche ricette contadine a base, quindi, di pesce di lago e di carne, tra cui spicca il Manzo all’Olio di Rovato, una gustosa ricetta realizzata con il  “cappello del prete” preparata con manzo cotto  per non meno di tre ore in acqua, aglio, cipolle, acciughe, olio accompagnato dall'imprescindibile polenta. Un piatto che risale addirittura al XVI secolo, quando Rovato era uno dei principali mercati di bestiame della zona e, trovandosi sulle strada che collegava Milano a Venezia, poteva contare su un transito di merci da terra (la carne e gli ortaggi) e da mare (le acciughe) che hanno poi dato origine a questa storica ricetta, oggi presentata da famiglie e chef con le consuete variazioni sul tema e “reinterpretazioni”, mantenendo salda l'aderenza alla tradizione.

Pinot e Chardonnay nel "tempo" delle bollicine (Shutterstock)

Per finire, un po' di azzardo a tavola

Se invece non volete “limitarvi” alla sola tradizione e amate sperimentare, il mio consiglio è quello di “azzardare” abbinamenti declinando le varie tipologie di Franciacorta in un intero percorso degustazione che contempli piatti della cucina asiatica in cui si giochi con sentori umami e piccanti, nonché con l'alternanza di magro e grasso. Troverete molto divertente l'ampiezza e la varietà delle dinamiche gustative e degli abbinamenti possibili con una gamma di vini che pur potendo contare su un metodo comune vantano al loro interno enormi diversità date dal residuo zuccherino, dalla tensione acida, dalla complessità e dalla consistenza mannoproteica date dai più o meno lunghi affinamenti sui lieviti e dalle evoluzioni in bottiglia, nonché dalle atmosfere (vedi la maggior avvolgenza “carbonica” del Satèn). Questo perché il Franciacorta (come tutti i grandi metodo classico) non va limitato alla concezione di “spumante” ma compreso nelle sue infinite sfaccettature.

Il mio consiglio è quello di godervi l'ultimo weekend di Festival e di tornare con la dovuta calma a visitare l'areale attraversandolo in lungo e in largo per godere della bellezza del contesto, dell'unicità delle cantine che lo costellano e della bontà delle proposte enogastronomiche locali.

Francesco Saverio Russodi Francesco Saverio Russo   
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