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I "Bacari", cosa scopri quando entri nella pancia di Venezia tra un "ombra" e l'altra

Fra le istituzioni più antiche della Serenissima ci sono quelli che molti considerano antenati dei bar, con dentro una tipicità irresistibile. Anche di sapori

Antonio Maria Guerra di Antonio Maria Guerra   
Un segno di benvenuto in uno dei 'Bacari' (Foto A.M.G.)
Un segno di benvenuto in uno dei "Bacari" (Foto A.M.G.)

Bacaro è lo strano nomignolo con cui a Venezia si indica un particolare tipo di osterie. Alcuni sostengono che questo nomignolo derivi da Bacco’ il dio romano del vino, del divertimento e del piacere dei sensi, altri dall’espressione dialettale far bàcara, divertirsi, altri ancora da un omonimo vino rosso di origine pugliese.

Piccole osterie, molto popolari

In cosa consista la loro particolarità è presto detto: si tratta di localini raccolti, popolari, arredati con un mobilio rustico, in legno scuro, consunto da anni e anni di intenso utilizzo, tale da renderli piacevolmente ‘vissuti’, familiari, al pari di un antico pub inglese. Piccoli quadri, pentole di rame e vari memorabilia (come quelli legati alla locale squadra di calcio), sono appesi alle pareti. Qua e là, una botte o una damigiana fa bella mostra di sè. In genere dispongono di pochi tavoli, tutt’al più qualche alto sgabello, accostato a una mensola che funge da base di appoggio. E’ quindi normale che gli avventori stiano all’impiedi. A volte, clima permettendo, addirittura all’esterno: se a prima vista ciò può sembrare un pò scomodo, occorre ricordare che stare all’aria aperta non solo dà modo di apprezzare la bellezza delle calli, ma permette anche una piacevole promiscuità tra la clientela, grazie alla quale fare nuovi incontri e stringere amicizie.

La nascita in un lontano passato

I bacari affondano le radici in un lontano passato: i primi risalirebbero al periodo medioevale. Lo storico dell’arte Philippe Daverio, intellettuale coltissimo e buongustaio sopraffino, in uno dei suoi monologhi dedicati al mondo del gusto, li considera una sorta di ‘bar’ ante litteram. Non a caso due tra i più antichi, il Do Mori e il Do Spade, in attività fin dalla prima metà del XV secolo, si trovano nel ‘sestriere’ di San Polo, dal quale ancor prima dell’anno mille si sviluppò la città. Si tratta anche del quartiere commerciale per eccellenza, un tempo come oggi ricco di gente e traffici. Con la differenza che, una volta, c’erano anche parecchi postriboli e, guarda caso, altrettante osterie. Una curiosità: leggenda vuole che Giacomo Casanova, il più grande seduttore di tutti i tempi, fosse cliente proprio del Do mori, presso il quale godeva di meritate pause tra una conquista e l’altra.

Tanti appetitosi cichéti

Sebbene, come già detto, i bacari abbiano in genere dimensioni abbastanza contenute, sono tutti dotati di un’allettante vetrina in cui le appetitose specialità locali fanno bella mostra di sè: sono i cosiddetti cichéti (o ‘cicchétti’). Molte fonti sostengono che il nome derivi dal latino ciccum, ‘piccola quantità’: si tratta infatti di mini-porzioni di cibo, stuzzichini adatti ad essere consumati senza posate ne esistono numerose tipologie: i più classici fanno parte a buon diritto della tradizione gastronomica lagunare. Ce n’è per tutti i gusti, ricordiamone alcuni: da quelli a base di pesce (come i crostini con le sarde in saòr, le mezze uova con acciuga e la polenta con baccalà mantecato), a quelli a base di carne (come le polpette), fino ai fritti (come la celebre ‘mozzarella in carrozza’ o le verdure pastellate). Una tale varietà permette di farsi servire piattini estremamente appetitosi che, in base all’estro del cliente, possono accogliere ‘composizioni del gusto’ sempre diverse.

Le ombre

Non bisogna comunque dimenticare che la funzione principale di queste delizie è di accompagnare il vino. Da sempre si va in un bacaro per bere un’ ombra, ovvero un piccolo calice di rosso. Il nome parrebbe derivare dall’abitudine degli antichi osti di Piazza San Marco di spostare le botti in modo da farle rimanere sempre all’ombra (appunto) del campanile, e quindi al fresco. Tra le tipologie di vino più frequentemente servite ricordiamo il merlot, il bardolino, il raboso, il malbech e il cabernet franc. Nel caso si gradisca un bianco, occorrerà ordinare un bianchéto: in questo caso a farla da padrone sono il classico prosecco, il soave ed il pinot grigio.

Dentro il carattere profondo di Venezia

Concludendo occorre sottolineare che i bacari, al di là dell’indubbio valore storico ed enogastronomico, rappresentano di fatto un’incredibile opportunità di venire a contatto non solo con i veneziani ma, soprattutto, con la venezianità: quel mix di dialetto, cultura, usi e costumi che rappresentano la ‘pancia’ di una città unica al mondo. Un’opportunità che sarebbe bene cogliere al più presto in quanto, anno dopo anno, la gente del luogo viene sostituita da frotte di turisti internazionali.

Antonio Maria Guerra di Antonio Maria Guerra   
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