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L'aceto balsamico vittima del suo stesso mito. Occhio ai "tarocchi" in vendita, e alle due varietà

O è costoso oppure lo si trova a prezzi "sospetti". Perché? Qui tutte le cose da sapere per evitare imbrogli, e la storia antica di un'eccellenza italiana

Antonio Maria Guerra di Antonio Maria Guerra   
Aceto balsamico, quello vero e pregiato (Foto Shuttertock)
Aceto balsamico, quello vero e pregiato (Foto Shuttertock)

L’aceto balsamico è una di quelle specialità culinarie che, in un certo senso, sono vittime del loro stesso mito. Spieghiamoci meglio: molte persone lo considerano, anche solo per sentito dire, una prelibatezza. Convinzione rafforzata dall’idea che sia estremamente costoso, salvo poi scorgere, ben allineate sugli scaffali dei supermercati, bottigliette di questo condimento vendute a un prezzo decisamente abbordabile. Ciò genera una discreta confusione nel gourmet della domenica portandolo, il più delle volte, a desistere, orientando la sua scelta verso altri prodotti: cosa estremamente ingiusta, perchè abbiamo a che fare con una delle eccellenze italiane.

Occorrerà dunque fare un pò di chiarezza in merito, fornendo informazioni utili ad un acquisto, ad un impiego e ad una degustazione più consapevoli.

Una specialità dalle origini antichissime

Cominciamo con qualche accenno sulla sua storia: l’aceto era già noto ai tempi dei Babilonesi e degli Egizi. I Greci ed i Romani stessi ne facevano grande uso, non solo per accompagnare il cibo, ma anche per sterilizzare l’acqua, nella preparazione di alcune bevande (basti ricordare, ad esempio, l’Oxykraton e la Posca) e persino come disinfettante per le ferite. Il ‘dettaglio’ che inevitabilmente sfuggiva a questi grandi popoli era il processo chimico per cui il vino diventava, appunto, aceto: fu necessario attendere parecchi secoli perchè, in pieno Ottocento, il chimico francese Louis Pasteur formulasse una spiegazione scientifica compiuta.

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La nascita dell’aceto balsamico

Sebbene non esistano certezze in merito, è possibile che furono proprio gli antichi romani ad inventare l’aceto balsamico o, meglio, il suo antenato: vale a dire il Sapa (o Saba). Si trattava di uno sciroppo denso, dal gusto dolciastro, ottenuto grazie alla cottura e alla riduzione del mosto d’uva. Columella ne parla nel suo De re rustica, indicando, guarda caso, le attuali province di Modena e Reggio Emilia come zona particolarmente vocata a tale produzione. A partire dal Medioevo si iniziò a parlare di un condimento tanto prezioso da essere soprannominato ‘oro nero’: veniva conservato in boccette d’argento ed era destinato alle tavole dei re. E’ molto probabile che si trattasse proprio di aceto balsamico.

Gli Estensi, signori di Modena, amano il ‘balsamico’

Chi più di tutti si rese conto del valore di questa specialità fu la famiglia Estense, signora di Modena a partire dal 1598: Francesco I d’Este la amò a tal punto da far costruire un’acetaia in una delle torri del suo Palazzo. E’ proprio in uno dei registri delle cantine ducali che, per la prima volta, il termine ‘balsamico’ viene usato in riferimento all’aceto modenese: aggettivo chiaramente dovuto al suo intenso profumo.

La fama dell’aceto balsamico supera le Alpi

Si può dire che l’affermazione da un punto di vista commerciale dell’aceto balsamico risalga al periodo Napoleonico, quando le ricche famiglie borghesi emiliane, sottraendolo alle grinfie dell’aristocrazia, iniziarono non solo a produrlo, ma soprattutto ad inviarlo all’estero, con un ottimo riscontro da parte degli acquirenti d’oltralpe. Un successo sancito definitivamente nel corso delle Esposizioni Internazionali che si tennero nel corso del XIX secolo: su tutte quella di Parigi nel 1878.

Le tipologie di aceto balsamico

La crescente popolarità dell’aceto balsamico, che corrisponde a ciò che oggi chiamiamo Aceto Balsamico Tradizionale (di Modena e di Reggio Emilia DOP), portò alla nascita di una nuova tipologia, commercializzata al giorno d’oggi come Aceto Balsamico di Modena (IGP). La differenza più vistosa tra le due varietà riguarda l’invecchiamento: mentre il Tradizionale necessita di un minimo di 12 anni (25 per l’extravecchio!), al Balsamico di Modena bastano 60 giorni di affinamento.

Densità ed aromi differenti

Come è facile immaginare, la durata della maturazione incide profondamente sulle caratteristiche dei prodotti (per non parlare del loro costo). Non deve quindi stupire che il Balsamico Tradizionale si distingua per una maggiore consistenza, oltre che per un profumo ed un gusto più marcati, mentre quello di Modena è caratterizzato da una minore densità e da un aroma più tenue che lo rendono più adatto ad un uso quotidiano.

Abbinamenti affascinanti

Intendiamoci: entrambe le specialità si prestano ad un gran numero di abbinamenti che non si limitano di certo alla comune insalata. L’Aceto Balsamico di Modena, ad esempio, è perfetto nell’arricchire di ulteriore sapore un gustoso piatto di ravioli ai funghi porcini o nell’accompagnare una ciotola di fragole. Per quanto riguarda il Tradizionale, è doveroso ricordare, tra l’altro, il suo magico incontro con il Parmigiano Reggiano, un vero e proprio ‘must’, per non parlare di accostamenti audaci come quello col gelato alla crema o alla vaniglia.

Abbiamo insomma a che fare con due eccellenze che rientrano a buon diritto tra i prodotti più tipici e rappresentativi della gastronomia italiana: è grazie a leccornie del genere che nel 2022 il Belpaese ha guadagnato il primo posto nella classifica delle migliori cucine al mondo.

Antonio Maria Guerra di Antonio Maria Guerra   
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