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Dai Maya all'Italia: come il "Kakaw Uhanal", bevanda sacra agli dei, si è trasformata in cioccolato

Una storia plurisecolare che coinvolge anche i riti degli Atzechi, poi i conquistadores, infine un protettorato in Sicilia e i nostri maestri. Fondamentali

Antonio Maria Guerra di Antonio Maria Guerra   
Cioccolateria gourmet che ricorda gli antichi riti del 'Kakaw' e le fave, autentico oro alimentare (Shutterstock)
Cioccolateria gourmet che ricorda gli antichi riti del "Kakaw" e le fave, autentico oro alimentare (Shutterstock)

Non sono molte le specialità dolciarie che possono vantare origini più antiche del cioccolato. Il suo passato è ricco di vicende affascinanti, legato com’è a civiltà leggendarie e culture misteriose ormai perdute. Esaminiamo dunque l’evoluzione di questa prelibatezza, croce e delizia dei golosi di tutto il mondo, dalla nascita fino all'arrivo in Italia.

La bevanda sacra dei Maya

In base alle loro scoperte, gli archeologi sostengono che la pianta del cacao (spezia alla base della produzione del cioccolato) era abbondantemente in uso presso le popolazioni indigene del Centro e del Sud America già nel 3000 a.C. La sua domesticazione sarebbe avvenuta solo secoli più tardi. I Maya la coltivavano nel territorio compreso tra le attuali zone dello Yucatan, del Chiapas e del Guatemala: questa gente considerava le fave del kakaw talmente preziose da usarle come moneta di scambio. Grazie ad esse preparavano una bevanda tanto portentosa da chiamarla kakaw uhanal, il cibo degli dei, impiegata nelle cerimonie religiose e riservata esclusivamente al re, al clero ed ai guerrieri. Intendiamoci, questa sorta di ‘pozione miracolosa’, in grado di infondere energie, buon umore ed un gran numero di benefici, era profondamente diversa dal cioccolato dei giorni nostri, in quanto salata e speziata.

Bassorilievo Maya con rimandi alla simbologia religiosa del cacao (Shutterstock)

Lo Xocoatl degli Aztechi

Anche gli Aztechi, altro popolo mesoamericano entrato nella leggenda, consumavano una preparazione a base di cacao: lo Xocoatl. Il composto contava tra i suoi ingredienti, oltre alle fave di cacao tostate e macinate, acqua (calda o fredda), farina di mais, miele, pepe, peperoncino e vaniglia. Grazie a ripetuti travasi ottenevano una schiuma che ne caratterizzava l’aspetto e la densità.

Gli Spagnoli scoprono il chocolate

Cristoforo Colombo scoprì il cacao durante la sua quarta spedizione nelle Americhe (1502). Sfortunatamente il grande esploratore non ne comprese appieno il pregio, valore che non sfuggì qualche anno dopo al celebre conquistador Hernan Cortez, in procinto di abbattere l’impero di Montezuma. José Acosta, un missionario gesuita, descrisse in una delle sue cronache l’ intruglio tanto amato dagli indios e spesso servito ai colonizzatori europei: modificando il nome originale, lo chiamò chocolate. Sebbene fosse disgustato dal suo sapore e dalla consistenza, gli attribuì efficaci doti farmacologiche.

Oggi le lavorazioni del cacao e i tipi di cioccolato sono numerosissimi (Shutterstock)

Il cioccolato: dalla Spagna al resto d’Europa

I primi trasporti di cacao verso la Spagna dei quali ci è pervenuta documentazione, risalgono alla seconda metà del ‘500. In questo stesso periodo si iniziarono ad aggiungere zucchero (o miele) e vaniglia al chocolate, in modo tale da mitigarne la naturale amarezza e renderlo più piacevole al palato occidentale. La bevanda, una volta addolcita, piacque così tanto da essere apprezzata perfino a corte. Grazie al favore dei monarchi il suo consumo divenne di gran moda ed iniziò a diffondersi progressivamente tra la nobiltà di tutta Europa.

Il cioccolato arriva in Italia

Quasi inutile dire che l’Italia non rimase immune dall'incanto della prelibatezza giunta dal nuovo mondo. La porta di ingresso all’uso del cacao nella penisola fu, guarda caso, un protettorato spagnolo in terra di Sicilia: la Contea di Modica. In questa zona prese piede la tecnica di produzione del cioccolato in forma di tavolette solide, il ‘chocolate a la piedra’ che, grazie alla lavorazione a freddo, preserva l’aroma originale del cacao e fa in modo che i cristalli di zucchero rimangono integri all’interno dell’impasto. Sebbene alcuni attribuiscano questa procedura agli aztechi, è più facile che sia di origini iberiche.

Il cioccolato si diffonde nella Penisola

A partire dal ‘600 il cioccolato si diffuse in tutto il resto della Penisola ed in particolare nelle città di Firenze, Venezia e Torino. Occorre evidenziare che, nel corso dei secoli, il capoluogo piemontese divenne teatro di un gran numero di innovazioni: tra le primissime l’invenzione del cioccolatino. Nel 1826 il Signor Caffarel costruì una delle prime macchine capaci di produrre cioccolato su scala industriale. Nel 1852, Michelle Prochet, mescolando nocciole tostate e tritate al cacao, diede vita al Gianduiotto. Nel 1858, Ferdinando Baratti, titolare della confetteria Baratti & Milano, realizzò il primo Cremino.

In conclusione si può affermare che l’apporto italiano sia stato un tassello fondamentale nell’evoluzione del cioccolato: questo percorso ha finito col trasformare una bevanda rituale destinata a pochi eletti, nella specialità al giorno d’oggi apprezzata da tutti.

Antonio Maria Guerra di Antonio Maria Guerra   
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