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Dazi di Trump al 107 per cento sulla pasta italiana. Che succede a seguire con i prezzi

Gli Usa annunciano tasse pesantissime su uno dei nostri prodotti più importanti. Le possiili conseguenze, le penalizzazioni e i marchi coinvolti

di FoodCulture   
Pasta, uno dei gioielli internazionali dell'alimentare italiano (Ansa)
Pasta, uno dei gioielli internazionali dell'alimentare italiano (Ansa)

Pasta. Il sole del sistema alimentare italiano, l'alimento fondamentale, insieme al pane, se parliamo delle abitudini a tavola della maggior parte degli italiani. La pasta ha avuto continui aumenti, in particolare dal 2023 ad oggi, con il picco fra aprile e agosto di due anni fa quando il prezzo arrivò a 1 euro e 76 al chilo. Più di recente è andato scendendo, attestandosi a una media di 1,67 al chilo. Se  consideriamo che prima di queste impennate si comprava a 1 euro e 32, ricaviamo un aumento medio del 23%. E se i dazi Usa annunciati da Trump sulla pasta italiana saranno del 107%, l'impatto sarà importante sia sulle esportazioni che sui prezzi finali, anche solo per recuperare i costi e le vendite in calo all'estero. Ma vediamo da cosa nasce questa misura "sanzionatoria" degli States e cosa può accadere a seguire.

La guerra fra produttori di pasta

E' dell'agosto 2024 l'avvio di una indagine partita da denunce di produttori americani contro quelli italiani, accusati si praticare il dumping, cioè la vendita del prodotto a prezzo talmente ribassato da andare al di sotto di quello di produzione, così da "drogare" il mercato e abbattere la concorrenza. L'indagine americana partita da produttori locali rigurdava le vendite effettuate fra luglio 2023 e 2024 da 19 marchi di pasta italiana, fra cui Barilla, Garofalo e Rummo. Indagine poi rinnovata a coprire fino al 2026. In particolare, "sotto tiro" delle autorità Usa ci sono Rummo e La Molisana, che a richiesta di dati e spiegazioni ne hanno fornito di poco convincenti, e non hanno stabilimenti di produzione in Usa (a differenza di Usa). E sono accusate di vendere la loro pasta con un ribasso del 91,74 per cento, con arrivo finale sul mercato a prezzo dimezzato. Cosa fanno gli Usa per ristabiire un mercato a loro favore, tanto più in epoca di nuovo isolazionismo politico ed economico com'è la seconda presidenza Trump? Stabiliscono dazi molto alti per riportare la pasta a giusto prezzo all'acquirente e all'importatore, e non squalificare i loro produttori.

Cosa può accadere a seguire

Quando si parla di Donald Trump, si sa, la variabilità e umoralità di annunci e messa in pratica degli stessi è ai massimi livelli, quindi deve ancora accadere tutto. E ci possono essere smentite e variazioni. Nel caso in cui venissero confermati i dazi al 107% sulla nostra pasta (ma non di tutti i marchi, come si è visto), il prezzo di quel prodotto arriverà sul mercato Usa più che raddoppiato. E dato che è uno dei mercati più importanti del mondo, l'impatto sarà notevole per il volume di affari. Ma va anche ricordato che i ministeri italiani dell'Agricoltura e degli Esteri, e la Commissione Ue, stanno facendo pressione e trattando con gli Usa per il ritiro o il contenimento dei dazi al 107%. E che per quanto importante, il mercato americano vale il 10% delle nostre esportazioni e il 5% delle importazioni. Altri settori, come la meccanica e la chimica, muovono cifre più importanti. Ma non c'è dubbio che una "sanzione" del genere alla pasta italiana metterebbe in difficoltà il settore e in particolare per alcuni dei nostri più conosciuti e importanti marchi di pasta. Con quali ricadute sui prezzi qui in Italia per il consumatore finale? E' tutto da capire. 

Leggi anche: Quanto grano italiano c'è nella pasta, quanti Ogm e glifosato. L'approfondimento

 

di FoodCulture   
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