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Ma perché "in carrozza"? Da cibo dei poveri a perfetto street food, una mozzarella speciale

Dai vicoli napoletani alle calli veneziane, passando per le strade romane, una preparazione antica e "di recupero" gustosissima che arriva fino a noi oggi

Antonio Maria Guerra di Antonio Maria Guerra   
Niente sprechi, tutto gusto: è la mozzarella in carrozza (Foto Shutterstock)
Niente sprechi, tutto gusto: è la mozzarella in carrozza (Foto Shutterstock)

Napoli è un vero e proprio scrigno, ricolmo di gustosissime specialità, figlie di una tradizione secolare. Molte si prestano ad essere assaporate passeggiando: stiamo parlando del cosiddetto street food o, come sarebbe corretto chiamarlo, cibo da strada. Camminando lungo le strette viuzze che intersecano il centro storico del capoluogo partenopeo, capita spesso di venire attirati da profumi a dir poco appetitosi: buona parte di questi aromi proviene dalle friggitorie, piccole rivendite che spesso mostrano la loro golosa mercanzia in espositori di vetro collocati sulla strada. Questo perchè, dopo aver solleticato l’olfatto, il colpo decisivo ad ogni buon proposito di dieta venga affidato alla vista.

Foto Shutterstock

Le origini della mozzarella in carrozza

Tra le numerose leccornie che fanno bella mostra di sè, c’è la Mozzarella in Carrozza. Un nome curioso che nonostante abbia vaghe riminiscenze aristocratiche, appartiene ad un cibo povero, dagli ingredienti semplici, inventato per non sprecare la mozzarella con qualche giorno di troppo sulle spalle ed il pane vecchio che se possibile non va mai buttato, soprattutto in Italia. Sebbene non esistano certezze in merito alle origini di questa specialità, l’ipotesi più in voga indica che sia nata nel periodo medioevale, anche se alcuni indizi fanno pensare che possa essere antecedente. La ricetta sarebbe figlia della tradizione contadina campana: un’attibuzione suffragata dal trattato di gastronomia del 1868 di Giovanni Nelli, Il Re dei Cuochi, in cui l’autore fa chiaro riferimento alla "mozzarella in carrozza alla napoletana".

Il nome della mozzarella in carrozza

Altro elemento di dibattito è la natura del nome. Anche in questo caso le teorie si sprecano: la più celebre vuole che la carrozza sia composta dalle fette di pane e dalla mozzarella che, una volta addentata, si tende in lunghi filamenti, fungendo da redini. Altri sostengono che l’appellativo derivi dalla forma vagamente rotonda della preparazione simile a quella della ruota di una carrozza. Questa supposizione richiede un chiarimento per essere compresa appieno: nonostante al giorno d’oggi il pane più usato sia il cosiddetto pan carré, per rispettare lo spirito della ricetta andrebbe impiegato il casereccio, le cui fette sono più o meno circolari, per l’appunto. Un’altra ipotesi, forse la meno attendibile, vuole che il nome derivi dal carretto con cui un tempo si trasportava il latte: a causa delle continue scosse dovute alle strade accidentate di campagna, il liquido finiva col cagliarsi, divenendo materia prima ideale per produrre la mozzarella.

In una friggitoria che si rispetti la mozzarella in carrozza non manca (foto A.M.G.)

La preparazione

A questo punto è opportuno descrivere per sommi capi il metodo di preparazione della mozzarella in carrozza. La ricetta è abbastanza semplice e richiede solo una certa accortezza. Partiamo dagli ingredienti: pan carré (o pane casereccio), farina, pan grattato, uova, latte ed olio extravergine di oliva (o, in alternativa, olio di semi). Per quanto riguarda la mozzarella, i cultori della tradizione preferiscono quella di bufala, senza dubbio la più saporita. Ciò nonostante, dal momento che trattiene molti liquidi, spesso di preferisce il fiordilatte, più asciutto e quindi adatto alla frittura. Utilizzando il pane e la mozarella si prepara un tramezzino abbastanza spesso (di forma rettangolare o triangolare) che va dapprima passato nella farina, quindi nell’uovo ed infine nel pan grattato. Dopo aver fatto riposare il tutto per una trentina di minuti (meglio se in frigo), alcuni preferiscono effettuare un secondo passaggio nell’uovo e nel pan grattato. Il procedimento si conclude con la frittura.

Le varianti

Nel tempo la ricetta della mozzarella in carrozza ha travalicato i confini della Campania, venendo adottata in altre regioni, seppur con alcune modifiche. Ad esempio a Roma (e, più in generale, nel Lazio) si aggiungono il prosciutto cotto o l’acciuga. In Sicilia (soprattutto a Messina) si impiega un sottile strato di besciamella. La variante più interessante è comunque quella veneziana che non prevede il pan grattato, usando in alternativa una pastella lievitata realizzata con uova, latte e farina. La mozzarella in carrozza, all’alice o al prosciutto è servita con notevole successo nelle numerose osterie disseminate per la città lagunare, i cosiddetti bacari.

Dai vicoli napoletani e romani alle calli veneziane, alla ricerca dello "street food" perfetto

La mozzarella in carrozza e il mondo dell’arte

Per concludere, un paio di interessanti curiosità, entrambe legate al mondo dell’arte. La mozzarella in carrozza è l’oggetto del desiderio in una delle scene più toccanti di Ladri di Biciclette capolavoro del neorealismo italiano diretto dal grande Vittorio de Sica. Nel 1970 il controverso artista Gino De Dominicis presentò al pubblico un’opera molto particolare, la Mozzarella in Carrozza: un cocchio che al suo interno ospitava una porzione della specialità.

Antonio Maria Guerra di Antonio Maria Guerra   
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