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Torrone nato in Catalogna e "fili di Dio"? Marzapane o "pasta reale"? Storpiature e fake news sul cibo

Falsi storici e notizie deformate seguono da sempre il cibo che definisce una cultura e un certo Paese. Viaggio fra alcune delle più incredibili, e divertenti

Alessandra Guigonidi Alessandra Guigoni   
Torrone, uno dei dolci più popolari (Shutterstock)
Torrone, uno dei dolci più popolari (Shutterstock)

Etimologie fantasiose, falsi storici, fake news, in gergo tecnico paretimologie. Gli etimi inventati di sana pianta sono solo alcune delle bugie della storia della cucina. Uno di questi riguarda un prodotto iconico della pasticceria siciliana e meridionale: il marzapane. L’etimologia popolare viene descritta dai linguisti come il procedimento attraverso il quale un parlante tenta di rimotivare un segno altrimenti oscuro per la sua competenza linguistica. Generalmente la cosa avviene quando si perde la trasparenza della parola e occorre trovare un sostegno per significato o suono a una parola che sembra averlo perso, anche forzandone la forma stessa. 

Fruttini dolci di marzapane, altra tipicità dalle origini fantasiose (Shutterstock)

"Fil di Dio e bagnomaria": storpiature celebri

Così, ad esempio, la tecnica antica del balneum maris è diventato bagnomaria o la pasta sarda filindeu è diventata “fili di Dio” perdendo la radice originaria fides/findeos dall’arabo fidaws. Sono davvero tanti i termini culinari che sono stati “storpiati” nel corso dei secoli, per significato o suono. Marzapane. L’etimologia popolare, in uso in Veneto, fa risalire questo squisito prodotto a base di mandorle, albumi d’uovo e zucchero nientepopodimeno che a San Marco, patrono di Venezia, indicando l’origine del termine in “Marci panem” pane di Marco appunto. Alcuni cultori della Serenissima hanno persino rivendicato la prima ricetta italiana del marzapane, risalente al Medioevo e alla gloriosa repubblica marinara.  L’origine deriverebbe dalla memoria di una grave carestia, verificatasi nel 1407, a seguito della quale venne preparato un pasticcino di mandorle il giorno di San Marco, per ringraziare il santo di qualche intercessione divina.

Cottura "a bagnomaria": da dove proviene questo nome? (Shutterstock)

"Pasta reale" ma anche no: vediamo perché

Suo sinonimo nei trattati di pasticceria è “pasta reale” mentre in Sicilia equivalente di marzapane è “frutta di Martorana”, dall’omonimo convento dove sin dal Medioevo pare che le suore incantassero con frutta di pasta di mandorla, trompe-l'œil, che imitava mele, pere, agrumi, susine, ciliegie. Il prodotto in realtà pare sia originario, come tanti altri alimenti, del Vicino Oriente, che, grazie alla mediazione dei mercanti arabi, fu portato in Sicilia e in altre località in cui essi commerciavano o avevano possedimenti. Un arabismo non accettato da tutti gli studiosi; secondo altri si tratta piuttosto di un greco-arabismo, dal bizantino παξιμάτιον, “cotto due volte, biscotto” con la mediazione dell’arabo orientale baqsamāt (biscotto). Quando il termine arrivò in Italia si pensò a farlo derivare dall’unione di due parole latine, massa + pan divenuto poi marzapane. In Germania, capitale europea dei dolcetti invernali è marzipan, facendo risalire l’etimo a “marzio panis”, pane di marzo, senza spiegarne ovviamente la ragione, perché – come direbbe un avvocato – il fatto non sussiste.

Ed eccoci al torrone

Le etimologie folk sono utili nelle narrazioni identitarie, per rivendicare il primato di qualcosa. Anche un dolce può essere utile alla causa. Così è successo anche al torrone, altro prodotto iconico e immancabile sulla tavola delle feste come il marzapane. Anche per questo dessert, a base di frutta secca oleosa, zucchero o miele, albume, le false origini si sprecano. Più di una città italiana ne rivendica la paternità, dato che è un dolce abbastanza comune.

Tra i primi ricettari italiani a citarlo quello di Cristoforo di Messisbugo, al plurale, turoni. L’origine più accreditata lo vuole è iberico, sp. turrón, a sua volta dal lat. torrere, tostare, riferimento all’azione. La Spagna dal Quattrocento al Seicento esercitò una forte influenza in Italia, nulla di strano che molti cibi siano stati importati e fatti propri dai vari staterelli italici.

A Cremona una popolare leggenda narra che il dolce sarebbe stato creato sul modello del Torrazzo, duecentesco campanile della cattedrale, in occasione delle nozze tra Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti nell’ottobre del 1441, evento che rivive nella rievocazione storica annuale con degustazioni e spettacoli. Altre località famose per il torrone, come Benevento e dintorni, famosa San Marco dei Cavoti, raccontano altri aneddoti.

In realtà l’arte di tostare frutta secca mescolandola a miele (poi allo zucchero, in piena età moderna) è chiaramente precedente.  Secondo i catalani fu loro il primato del torrone in Spagna e forse dalla Catalogna alla Sardegna il passo dei torrons fu breve. Anche in Sardegna, a Tonara, vi è una popolare sagra del torrone, che attira visitatori da tutta l’Isola, e altri paesi lo producono. Del resto il torrone è un prodotto tipico anche in Abruzzo, Calabria, Lazio, Marche, Piemonte, Sicilia, Veneto e Campania.

Torrone italiano, spagnolo, francese, sardo? (Shutterstock)

La guerra contro i Romani vinta con il torrone

Proprio a Benevento un’altra leggenda popolare narra che più di 2000 anni fa durante la guerra in Irpinia i Romani vennero piegati dai Sanniti che però non li uccisero ma li fecero prigionieri così che testimoniassero a Roma la forza di queste popolazioni. I prigionieri romani per l’onta subita si stavano lasciando morire di fame; allora i Sanniti ricorsero ad una leccornia irresistibile, la cuppedia, antenata latina del torrone, fatta appunto con miele e frutta secca. I Romani non resistettero alla tentazione, se ne cibarono e sopravvissero; tornarono a Roma con la coda tra le gambe ma satolli di bontà.

Alessandra Guigonidi Alessandra Guigoni   
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