Basta guerre e bugie attorno all'Amatriciana. Ecco l'origine e le sole variazioni autorizzate
Figlia della "Gricia", di cui può essere considerata una variante "rossa", su questa pasta e questa salsa si sono scatenati scontri internazionali. Ripartiamo dalla Storia

La Amatriciana una delle salse più conosciute al mondo, è spesso annoverata tra le pietanze più rappresentative della gastronomia romana, simbolo della città eterna al pari dei centurioni e ‘der Cupolone’. Ciò premesso, è curioso scoprire che le sue origini, come indicato dal nome, vanno in realtà collegate ad Amatrice, paesino in provincia di Rieti, situato in una zona degli appennini centrali incastrata tra quattro regioni: Lazio, Umbria, Marche ed Abruzzo.
I pastori e la ‘Gricia’
Un territorio montuoso, la cui gente è stata a lungo dedita alla pastorizia: dettaglio, quest’ultimo, di fondamentale importanza, in quanto furono proprio i pastori locali ad inventare la specialità. Il loro lavoro li costringeva infatti a trascorrere parecchi mesi lontano da casa: tra i pochi alimenti ‘a lunga conservazione’ che potevano riporre nelle loro bisacce, c’erano il formaggio pecorino ed il guanciale stagionato. Grazie a questi ingredienti preparavano la Gricia, vera e propria antenata della Amatriciana, con la quale ancora oggi ha un rapporto talmente stretto da essere considerata la sua variante ‘bianca’, in quanto priva di pomodoro (come riportato dal discipinare redatto nel 2015 dal Comune di Amatrice).
La nascita dell’Amatriciana
Per assistere all’integrazione dell’ortaggio nella ricetta fu necessario attendere la fine del Settecento, quando cominciò ad essere esportato in quest’area, al tempo provincia settentrionale del Regno di Napoli. La gente del luogo apprezzò così tanto il pomodoro ‘lungo’ (il ‘San Marzano’), da impiegarlo, tra l’altro, nella preparazione della Gricia, dando vita in questo modo all’Amatriciana così come ancora oggi la conosciamo.
La Amatriciana arriva a Roma
Furono proprio i ‘matriciani’, gli emigranti perlopiù economici provenienti dalla zona intorno Amatrice, ad introdurre la specialità a Roma in piena età napoleonica. Il successo della preparazione fu tale che il loro appellativo divenne sinonimo di ‘oste’. L’adozione del piatto fu rapidissima e l’Amatriciana entrò a far parte del retaggio gastronomico capitolino così in breve che si perse traccia, o quasi, della sua reale provenienza.

Le numerose varianti
Ciò portò, nel tempo, al moltiplicarsi delle varianti, ognuna con la pretesa di essere la più tradizionale, che scatenarono diatribe spesso molto accese: tra gli elementi più controversi, ad esempio, l’uso della pancetta piuttosto che il guanciale, l’impiego dell’aglio e della cipolla, l’introduzione della passata di pomodoro in alternativa ai pelati, l’aggiunta di pepe come sostituto del peperoncino.
A tal proposito è interessante riportare una curiosità: negli anni ‘50 del secolo scorso Aldo Fabrizi, popolare attore romano e grande buongustaio, citò la Amatriciana in un suo film (‘Cameriera bella presenza offresi …’) e in un sonetto (‘La matriciana mia’), elencando quelli che, per lui, erano i principali ingredienti: tra questi l’aglio, la cipolla, la pancetta arrotolata e persino lo zenzero ed il basilico (!).
L’ ‘Amatriciana Tradizionale STG’
Il dibattito è ancora oggi più che mai acceso anche se, da questo punto di vista, il disciplinare collegato all’iscrizione dell’ ‘Amatriciana Tradizionale’ nell’elenco delle Specialità Tradizionali Garantite - STG (avvenuta nel marzo del 2020), rappresenta sicuramente un fattore dirimente. Nell’atto si fa esplicito riferimento “agli ingredienti impiegati e al metodo specifico di preparazione utilizzato tradizionalmente nel comprensorio dei Monti della Laga” (i monti prossimi al paese di Amatrice): quanto riportato è chiaramente ispirato ad un ideale di semplicità e praticità legato alle esigenze ‘spartane’ dei pastori sopra citati.
La ricetta ‘originale’
La ricetta non include aglio nè cipolla. Il guanciale (meglio se di Amatrice De.Co.), tagliato a listarelle, va fatto rosolare nell’olio extravergine di oliva e sfumato con vino bianco. Si procede quindi all’aggiunta del pomodoro (passata e/o polpa). E’ previsto l’uso sia del pepe che del peperoncino. Immancabile l’aggiunta di pecorino grattugiato, che può essere di Amatrice De.Co. (più dolce) o Romano DOP (più salato).

La pasta per l’Amatriciana
Rimane la questione del formato della pasta: un abitante di Amatrice non avrebbe dubbi nello scegliere gli spaghetti (Amatrice ha dal 1992 l’appellativo di ‘Città degli Spaghetti’), eredi dei ‘vermicelli’ impiegati fin dai tempi della dominazione borbonica e ancor prima. Un ‘romano de Roma’ opterebbe sicuramente per i bucatini. Una scelta altrettanto appropriata sarebbero i cosiddetti ‘tonnarelli’, conosciuti anche come ‘spaghetti alla chitarra’.
Il valore della Amatriciana
Occorre infine far notare che se la Amatriciana ha dato vita a così tante diatribe è stato proprio per il suo grande valore: se fosse stata un piatto di ‘nicchia’, per quanto gustoso, non avrebbe attirato così tanta attenzione. Stiamo invece parlando di un vero e proprio gioiello, ricco di storia e di fascino, fondamentale da un punto di vista culturale ed identitario. Il solo parlarne, evoca alla mente i profumi, i colori ed i gioiosi schiamazzi delle più tipiche trattorie amatriciane, romane e, più in generale, laziali. Nel 2008 si è voluto celebrare questa prelibatezza dedicandole un francolollo da sessanta centesimi.