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"Prosecco eccellenza italiana che avvelena il territorio". Ma è così? Ecco cosa abbiamo scoperto

Patrimonio mondiale dell'Unesco e marchio italiano tra i più ricercati al pari di Armani e Ferrari. Gli ambientalisti gridano il loro allarme. La risposta

Vittorio Ferladi Vittorio Ferla   
Il piacere delle bollicine 'griffate' e la tutela della terra: una grande scommessa (Foto Shutterstock)
Il piacere delle bollicine "griffate" e la tutela della terra: una grande scommessa (Foto Shutterstock)

Il successo del Prosecco tra i consumatori cresce ogni anno di più. La richiesta sempre più elevata, specie all’estero, è certamente uno stimolo per l’aumento della produzione. Il sistema produttivo del Prosecco si basa su 3 denominazioni. La più ampia è la doc Prosecco (con 500 mln di bottiglie), poi c’è la docg Conegliano Valdobbiadene – Prosecco (92 mln di bottiglie), infine la più piccola docg Asolo – Prosecco (18 mln di bottiglie). Il Prosecco è senza alcun dubbio un campione italiano di vendite: per il 2020 la produzione si è attestata a circa 500 milioni di bottiglie, contro 486 del 2019. La voce dell’export è particolarmente rilevante: il 78% delle bottiglie infatti finisce fuori dai confini italiani. In pratica, 378 milioni di bottiglie per un valore al consumo di 1.9 miliardi di euro, contro 108 milioni di bottiglie e 530 milioni di euro per il mercato italiano. Secondo le ultime stime l’estensione dei vigneti è pari a quasi 25mila ettari.

Panorama del territorio di Valdobbiadene (Foto Shutterstock)

Le critiche degli ambientalisti al mondo del Prosecco

Questo crescente successo, negli ultimi, ha attirato anche numerose perplessità. Per alcune associazioni come Legambiente, Marcia Stop Pesticidi, Wwf, Pesticides Action Network la denominazione del Prosecco avrebbe raggiunto nel tempo le dimensioni della più grande Dop in Italia riducendo di fatto l’area a una gigantesca monocoltura. Secondo queste critiche, ampie porzioni di aree boschive sarebbero state recentemente convertite in vigne, a discapito della fauna e della flora locale, con danni permanenti per la biodiversità e il paesaggio. “L’erosione sistematica del terreno agricolo provocata dall’aumento della produzione va a braccetto con l’estensione di monocolture intensive su ampie aree del territorio nazionale”, ha accusato di recente Carlo Petrini, presidente di Slow Food. “Le coltivazioni di un singolo prodotto - continua Petrini - portano con sé grandi quantità di prodotti fitosanitari che molte volte incidono in maniera negativa sulla salute degli stessi contadini coinvolti nella filiera”. Più in generale, il fenomeno del prosecco nel Nord-Est del Paese è la dimostrazione di un “processo che sta trasformando paesaggi storici caratterizzati da diverse colture e da una varietà che era parte integrante della loro bellezza in una distesa monocromatica e omogenea”.

Un rito sociale (Foto Shutterstock)

I numeri della denominazione Prosecco

L’impatto del Prosecco sul territorio sembra soltanto negativo. E la produzione appare come un peso insostenibile. Ma è davvero così? Di fronte a queste osservazioni, il consorzio del Prosecco Doc ricorda che la denominazione Prosecco può vantare 24.450 ettari - è vero - ma questi sono distribuiti in ben nove province: il che significa che i vigneti del Prosecco rappresentato solo il 3% della superficie agricola utilizzabile. Quanto alla biodiversità e al paesaggio il consorzio ricorda che proprio il sistema vitivinicolo rappresenta un esempio virtuoso per il fatto di ospitare numerose specie di piante erbacee, insetti e microrganismi. La doc, inoltre, ha bloccato il suo potenziale dal 2011 a 20.000 ettari, con un incremento nel 2016 e 2017 fino a 24.450. Gli altri vigneti che sono stati eventualmente piantumati negli ultimi, sono orientati alla produzione di altre tipologie di vini.

Conegliano Valdobbiadene patrimonio Unesco

Se poi ci spostiamo alla Docg Conegliano Valdobbiadene, bisogna ricordare che l’areale ha ricevuto dall’Unesco il riconoscimento come patrimonio paesaggistico dell’umanità proprio perché l’aspetto a mosaico del paesaggio delle Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene è il risultato di pratiche rispettose dell’ambiente e di un uso virtuoso del territorio: i piccoli vigneti sui ciglioni coesistono con angoli di foresta, piccoli boschi, siepi e filari di alberi che servono da corridoi per collegare diversi habitat, i villaggi sono disseminati nelle strette vallate o appollaiati sulle sommità.

Un calice per tutte le occasioni (Foto Shutterstock)

Il progetto per una denominazione sostenibile

Da alcuni anni, il consorzio del Prosecco ha avviato dei progetti per rendere sostenibile l’intera filiera produttiva. “Il nostro macroprogetto di certificazione di Denominazione Sostenibile si basa sullo standard Equalitas. In alcuni casi, come la gestione viticola, lo standard rappresenta un ‘pretesto’ per avviare processi virtuosi con iniziative specifiche che vanno oltre gli standard richiesti”, racconta Silvia Liggieri, responsabile ufficio ricerca e sviluppo viticolo e ambientale del consorzio. “Stiamo vivendo tutti insieme un grande cambiamento: il consorzio, il sistema produttivo e la comunità territoriale. La certificazione di Denominazione Sostenibile - racconta Liggieri - richiede che il 60% della superficie segua un protocollo viticolo ispirato alla produzione integrata volontaria (Sqnpi). Il protocollo Equalitas aggiunge già oggi delle particolarità: il piano di concimazione, il calcolo dell’impronta idrica e carbonica, l’analisi della biodiversità”.

Cosa comporta la diversificazione

Il Consorzio sta incentivando il coinvolgimento della parte viticola su diversi obiettivi: le sperimentazioni nella gestione del vigneto, la riduzione dei fitofarmaci e del residuo, la gestione agronomica e l’agricoltura di precisione. “L’obiettivo ultimo è quello di realizzare dei protocolli di gestione viticola volti, da un lato, ad applicare pratiche di precisione, e dall’altro rispondere alle esigenze dei diversi areali presenti all’interno della DOC, unendo sostenibilità e miglioramento qualitativo. Ma non succede tutto in automatico e serviranno molte attività di formazione rivolte agli operatori”, avverte Liggieri.

Il consorzio ha costituito due sistemi di raccolta dei dati. Il primo è un “registro di campagna” informatizzato usato dagli agricoltori per la gestione del vigneto che consente inoltre di raccogliere i dati relativi all’impronta idrica e carbonica. Il secondo è un calcolatore capace di processare questi dati e calcolare l’effettiva impronta carbonica ed idrica per ciascuna azienda viticola: in questo modo si ottiene anche la media ponderata del dato territoriale. Il consorzio insomma rialza la testa.

Il commento di Zanette, presidente di Prosecco Doc

“Nella Doc Prosecco c’è il blocco degli impianti dal 2011. Le integrazioni sono state fatte con grande attenzione per la sostenibilità: basti pensare che il 5% della superficie dei nuovi impianti è destinata a siepe o a boschetto. Così nel 2017 possiamo vantare ben 500 chilometri di siepe lineare larga un metro per 76 ettari di vigneto”, assicura Stefano Zanette, presidente del consorzio del Prosecco Doc. E aggiunge: “Abbiamo una base produttiva di 11 mila aziende per una superficie di 24.450 ettari. Quindi parliamo di una superficie media di 2-2,5 ettari per azienda. La produzione ammonta a 500 milioni di bottiglie. Il nostro sistema certifica la produzione per ettaro: più del 50% delle aziende rispetta le certificazioni ambientali, ma noi abbiamo l’obiettivo di raggiungere la certificazione di denominazione sostenibile e siamo al lavoro con la Regione Veneto e con le Università locali”. Per Zanette le critiche al mondo del Prosecco sono infondate. “A volte - precisa - sembra che prevalga una invidia sociale nei confronti del successo di questa nostra area che arrivare quasi a concludere che la produzione di vino è un problema in sé. Viceversa, sappiamo che l’impresa agricola ha un grande valore per la crescita territoriale: pensiamo al peso della produzione viticola sul Pil della nostra regione e di tutta l’Italia”. Ma la diatriba sui fitofarmaci resta aperta.

Il prosecco è prima di tutto la storia di un territorio prezioso (Foto Shutterstock)

“Nel 2017 avevo proposto di inserire l’abolizione del glifosato nel disciplinare della denominazione. I nostri erano d’accordo ma non c’è stata l’approvazione a livello amministrativo: i tempi non erano maturi evidentemente. Adesso finalmente, anche a livello europeo, comincia a farsi strada l’ipotesi di introdurre misure ambientali nei disciplinari di produzione”. E nel frattempo? “In attesa di rendere alcune pratiche obbligatorie, cerchiamo di raggiungere quegli obiettivi con un approccio volontario. Vogliamo rendere il Prosecco sempre più green con regole precise: è il mio obiettivo e spero di raggiungerlo nei prossimi due anni e mezzo. Nel frattempo la strada è tracciata: la sostenibilità si può fare e la stiamo realizzando con i nostri programmi”. Per esempio, c’è l’obiettivo di eliminare il glifosate con l’adozione di mezzi di tipo meccanico o incentivando i mezzi a recupero che permettono di ridurre la deriva. Insomma, conclude Zanette, “è ora di finirla di colpevolizzare il Prosecco: cerchiamo di fare il nostro dovere nel modo più sostenibile possibile”. E l’imponente programma di attività del consorzio sta lì a dimostrarlo.

Vittorio Ferladi Vittorio Ferla   
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