Grandi Langhe: l'evento del vino fra eccellenze, nuove etichette "anti cancro" e lo stop alle finte cooperative
Due giorni di incontri, dibattiti, formazione, promozione di uno dei territori italiani più invidiati e ricercati dal resto del mondo. Con nodi importanti da sciogliere
L’evento Grandi Langhe, ospitato a Torino il 30-31 gennaio scorso presso le Officine Grandi Riparazioni, un complesso industriale di fine Ottocento mirabilmente recuperato, ha celebrato nel miglior modo possibile le denominazioni del vino piemontese più importanti. Promotori della manifestazione il Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani e il Consorzio Tutela Roero.
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Grandi Langhe: immagini dal grande evento su vino e territorio
Un’occasione importante, con più di tremila partecipanti tra stampa, buyer e operatori del settore, per riconfermare l’identità e la forza di un territorio che tutto il mondo ci invidia. Ne abbiamo parlato con Matteo Ascheri, titolare dell’omonima azienda con sede a Bra, in provincia di Cuneo, e presidente del Consorzio del Barolo e Barbaresco.
La massima cura di una terra d'eccellenza
“Lo strumento fiera è stato valido ma il vino si può vendere anche senza. Ce lo ha insegnato la pandemia. Ecco perché i produttori devono capire cosa è veramente importante. Nel 99% dei casi la promozione è demandata a enti terzi: si tratta di iniziative che vanno pure bene e per le quali ci sono fondi promozionali, ma spesso servono più a far guadagnare gli organizzatori. Spesso siamo di fronte a eventi fin troppo inflazionati. Ecco perché da qualche tempo abbiamo deciso di presentarci in modo unitario a Grandi Langhe. Torino è una piazza interessantissima: molto meglio un grande evento nostro nel centro di Torino che spostarci altrove, magari in periferie anonime, con problemi di traffico, disservizi e costi alti”. Ascheri spiega così la new wave del Consorzio che ha scelto di puntare sulla rappresentazione unitaria della denominazione in un evento con sede a Torino, capoluogo del Piemonte e città di riferimento anche per il mondo del vino.
La scoperta e la formazione
E la promozione non è l’unico impegno a vantaggio del meraviglioso mondo del vino delle Langhe. Da qualche tempo, in collaborazione con la Strada del Barolo e grandi vini di Langa, il Consorzio ha investito sulle attività di formazione rivolte al pubblico dei professionisti italiani e internazionali. “La Barolo e Barbaresco Academy - spiega Ascheri - serve per comunicarci e informare in prima persona come territorio, senza delegare a soggetti terzi”. Così, dal 27 al 29 gennaio 2023, a ridosso di Grandi Langhe, si è svolta la V edizione della Barolo&Barbaresco Academy presso l’Ampelion della città di Alba. Circa 40 i partecipanti provenienti da diversi Paesi del mondo: dagli Stati Uniti d’America a Taiwan, dalla Bulgaria alla Norvegia, dal Regno Unito al Brasile. L’obiettivo è duplice: da un lato, aumentare la conoscenza del territorio delle Langhe e dei suoi vini attraverso l’esperienza e la competenza di docenti di altissimo livello; dall’altro, la formazione di professionisti del vino capaci di trasformarsi in veri e propri ambasciatori delle Langhe. Il Nebbiolo, l’uva principe di questo territorio, specie nelle versioni nobili del Barolo e del Barbaresco, insieme con i suoi ‘fratelli’ (dalla Barbera al Dolcetto) è oggetto di una attenzione sempre più diffusa e di desiderio di approfondimento e di conoscenza. Ecco perché, per il 2023, il Consorzio è impegnato a sviluppare il format di formazione su più livelli, pensando a diversi target, dagli operatori alle cantine, agli appassionati, e sviluppando il mercato italiano, europeo e globale.
La questione di come reclutare chi lavora il vino
Ma gli aspetti promozionali e formativi non esauriscono tutte le attività programmate. In occasione di Grandi Langhe, infatti, il Consorzio ha portato all’attenzione delle istituzioni, del mondo del vino e dell’opinione pubblica le questioni legate alle modalità di reclutamento e impiego della manodopera in vigna. Purtroppo, anche nelle vigne di Langa, resta aperta la questione dei lavoratori temporanei e delle cooperative “spurie" che fanno da intermediarie tra le aziende agricole e la forza lavoro. “Un problema prima di tutto etico, ma anche di immagine per i nostri territori", ammette Matteo Ascheri, presidente del Consorzio. “Di 4 mila lavoratori impegnati nei nostri vigneti - spiega Ascheri - il 50% sono dipendenti delle aziende, il restante 50% sono reclutati attraverso le cooperative. Di questi, la metà, nei nostri territori, passa attraverso il canale virtuoso di Confcooperative, l'altra metà, invece, è legata alle cooperative 'spurie'. E questo è un grosso problema, che va risolto anche riducendo la burocrazia e gestendo meglio i flussi”. Nel corso del convegno, Jean Renè Bilongo, presidente dell'Osservatorio Placido Rizzotto di Flai-Cgil, ricorda come in diverse regioni del sud Italia il lavoro agricolo subordinato non regolare arriva a superare il 40% della manodopera impiegata, con una presenza diffusa di lavoratori immigrati, privi di formazione, mal pagati e sfruttati. “Ma anche in Piemonte, pur forte e prospero solo il 4% delle aziende agricole ha aderito a ReLaq, la rete del lavoro agricolo di qualità. In Italia l'hanno fatto appena 6.113 imprese su un totale di 200mila”.
Il problema delle cooperative finte
Quali le soluzioni, dunque? In primo luogo, racconta Ascheri, “abbiamo siglato un accordo per l’accoglienza con la Confcooperative. Il problema per le nostre aziende sono le coop che stanno in piedi per un anno e poi scompaiono. Molte cooperative sono finte: solo il 40% di queste aderisce a una associazione di rappresentanza. Noi cerchiamo una alternativa: per questo vorremmo sempre più cooperative partecipate dal nostro consorzio. È un tema fondamentale per lavoratori e aziende, le quali non sono affatto complici, bensì vittime di questo mercato irregolare”.
Più inclusione e responsabilità sociale
L’altra soluzione, ancora una volta, è quella della formazione. “Dal 2022 co-promuoviamo il progetto Accademia della vigna, ideato e coordinato da We.Co e con main partner Humus Job. L’iniziativa - spiega Ascheri - integra in modo innovativo le dimensioni di formazione e di esperienza lavorativa nel settore vitivinicolo con lo scopo di valorizzare una delle più rilevanti vocazioni produttive del territorio, sia in termini di sviluppo del capitale umano che di sostenibilità sociale. In partnership con le imprese vitivinicole locali, vogliamo aumentare il lavoro qualificato nelle operazioni di viticoltura”. Accanto al reperimento di risorse umane adeguatamente formate, il progetto vuole aumentare le competenze interne alle aziende viticole e garantire uno standard di lavoro qualitativamente elevato e socialmente sostenibile. Potenziare la responsabilità sociale delle imprese permette così di generare opportunità di integrazione sociale e lavorativa sul territorio.
Il vino che fa male e provoca il cancro: la questione delle etichettature
L’ultimo tema affrontato con Ascheri è quello delle etichettature, alla luce delle polemiche scatenate all’inizio dell’anno dall’iniziativa dell’Irlanda: applicare gli Health Warning sulle bottiglie di vino allo scopo di ridurre gli eccessi di consumo di alcol che affliggono la popolazione dell’isola. “In Italia si bevevano 150 litri pro capite nel primo dopoguerra, oggi sono 30 litri procapite all’anno: a livello nazionale, pertanto, il consumo si è ridotto di un quinto”, tiene a precisare Ascheri con un pizzico di ironia. Insomma, il problema degli eccessi di consumo non riguarda il nostro paese: “è semmai del Nord Europa”. Certo, “comprendiamo l’Irlanda, un Paese che vuole tutelare i suoi cittadini”, chiarisce Ascheri, ma “nel tempo, sul fronte dei consumi corretti, ci aiuterà sempre più la dicotomia tra vini di qualità e vini comuni, così come ci aiuteranno l’aumento del consumo consapevole e la diffusione delle informazioni che provengono dalla scienza”. Insomma, le frasi allarmistiche scritte sulle bottiglie non sono poi così efficaci. Infine, ricordando una celebre frase di una canzone degli Skiantos - “Morirai sanissimo, ma ti piacerà pochissimo” - Ascheri conclude con una battuta: “in ogni caso, non possiamo morire da sanissimi”.