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La riscossa del Vermouth di Torino. E ora il resto d'Italia cavalca la moda che coinvolge i giovani

Da primo prodotto enogastronomico italiano nei mercati per anni, all'appannamento a causa della mixology (che però lo usa molto). Ora la riscoperta

Vittorio Ferladi Vittorio Ferla   

C’è stato un tempo, alla fine dell’800, in cui il Vermouth di Torino era, come ricorda Pierstefano Berta, storico e direttore del consorzio del Vermouth di Torino, “il primo prodotto enogastronomico italiano nei mercati” e il collegamento tra il prodotto e la città era talmente stretto che i consumatori chiedevano direttamente “un Torino”. In epoca recente, il Vermouth è un po’ passato nel dimenticatoio salvo poi riacquisire fama e notorietà grazie al successo della mixology. Infatti, nei cocktail più diffusi - Negroni, americano, Martini - è obbligatoriamente presente. Oggi si registrano almeno due tendenze che mostrano il ritorno di fiamma per questo antico vino aromatizzato. Da una parte, il Vermouth si comincia a produrre anche al Sud. Dall’altro, il consorzio del Vermouth di Torino spinge sempre di più per esaltare la storica bevanda piemontese in Italia e nel mondo.

La riscoperta che passa per il Meridione

Cominciamo dal Sud. La Puglia è una delle regioni protagoniste di questa new wave. Borgo Egnazia, la celeberrima masseria che incarna il lusso dell’ospitalità in Salento, si è messa a produrre l’Egnazia Vermouth Rosso, il primo vermouth di origine pugliese interamente ideato tra gli ulivi di Puglia e le bianche mura del Borgo. Realizzato partendo da un vino Verdeca Igp Puglia vendemmiato in Valle D’Itria e impreziosito con erbe e spezie che ricordano i profumi tipici della macchia mediterranea: rosmarino, timo, lavanda, scorze di agrumi del Gargano e soprattutto l’ulivo, simbolo per eccellenza della Puglia, capace di donare il carattere distintivo a questo vino liquoroso ed aromatizzato che esalta tutte le sfumature aromatiche della Puglia. 

Come nasce un cocktail unico

A Lecce c’è Mita Spirits, azienda che ha fatto delle piante spontanee pugliesi il punto di unione tra liquoristica e miscelazione, creando un “cocktail” unico. Il fondatore Elia Calò, bartender professionista e appassionato di piante spontanee, torna in Salento dopo diverse esperienze all’estero e inizia a studiare il mondo delle piante spontanee della sua terra e a sperimentare ricette di liquori dal gusto scalciante e deciso, rispetto alla liquoristica più commerciale. La raccolta “responsabile” delle piante, la lavorazione e la sperimentazione di infusi, prodotti a tiratura limitata proprio per preservare le aree protette di origine, fanno parte di un processo che riporta studio e passione “dalla pianta al bicchiere”. Vermouth Mita è prodotto con vino bianco Verdeca e con una miscela di oltre 60 estratti di spezie ed erbe, tra i quali affiora Elicriso, Santoreggia ed Ulivo, che ho scelto come espressione della mia terra, il Salento. Il colore è rosso “ambrato”, per richiamare i primi vermouth rossi che venivano prodotti con un contenuto molto basso di caramello, usato per dare la tipica colorazione.

Se il Passito incontra il Vermouth

Ci spostiamo in Sicilia, dove brilla Naturale, una linea di vermouth e bitter da vino naturale siciliano, nata dal 2019 dall’amicizia tra Simone Sabaini e Giusto Occhipinti. Entrambi sono già noti nel mondo dell’enogastronomia: Simone è la mente di Sabadì, produttrice di cioccolato torroni, bibite e caramelle naturali, mentre Giusto è il fondatore della cantina Cos, con i suoi vini naturali. L’idea nasce dalla volontà di realizzare dei vermouth in cui il protagonista sia il vino, partendo da uve vinificate in modo naturale, con fermentazioni spontanee sulle bucce e lieviti indigeni. Le uve utilizzate sono il Moscato Passito, il Nero d’Avola, il Frappato e il Cerasuolo di Vittoria. I due tipi di Vermouth, Orange e Rosso, e il Bitter sono aromatizzati con botaniche naturali, senza aggiunta di caramello.

Da segnalare anche il Vermouth rosso con uve di Nero d’Avola, realizzato a Marsala e Mazara del Vallo da Alagna vini, utilizzando una selezione di erbe aromatiche, spezie e radici locali, che conferiscono al liquore un carattere distintivo e complesso. Le erbe vengono raccolte a mano nelle campagne siciliane, quindi attentamente selezionate e infuse in alcol neutro per estrarre i loro aromi e sapori unici. Questa miscela viene poi arricchita con l’aggiunta di vino base, zucchero e altri ingredienti segreti, creando così un elisir avvolgente e irresistibile. Del resto, il Vermouth ha radici profonde nella cultura siciliana, risalendo ai tempi dell’antica Roma e continuando a prosperare nel cuore dell’isola nel corso dei secoli. E la Sicilia, con la sua ricchezza di erbe aromatiche e spezie, offre un terreno fertile per la produzione di questo aperitivo unico. 

Ripartire dalla prima invenzione

Torniamo all’origine, risalendo tutto lo Stivale, nella città dove tutto è nato: Torino. Nel capoluogo piemontese si è svolta alla fine di gennaio la giornata Il Vermouth di Torino a Torino, l’occasione per fare il punto sul vino aromatizzato più celebre. Che oggi riscopre il successo. “A partire dal 2018 abbiamo avuto una crescita media annua nelle vendite del 24,7%. Una crescita che dimostra il grado di apprezzamento da parte del pubblico. Sono sempre più i locali che lo richiedono e che vogliono averne più di una tipologia. Questa ripresa ha generato un giro d’affari notevole, partendo da 32 milioni di euro nel 2018 e chiudendo il 2024 con 172 milioni di euro”. I dati dell’Agenzia delle Dogane confermano il salto. Nel 2018 erano stati prodotti poco più di un milione e 800 mila litri per un totale di poco più di 2 milioni e 400 mila bottiglie. L’ultima rilevazione del 2024 certifica una produzione complessiva di poco più di 5 milioni di litri pari a 6 milioni e 800 mila bottiglie da 0,75 L. 

Un successo crescente

Sempre sotto il profilo economico, il Vermouth di Torino continua ad aumentare ogni anno il suo valore. Spiega ancora Berta: “Nel gennaio del 2018 il prezzo medio di vendita nel mondo di una bottiglia era pari a 17,92 euro, nel gennaio di quest’anno il prezzo medio ha raggiunto i 25,20 euro. A ciò si aggiunga la crescita del Vermouth italiano che sale dagli 8,96 euro del 2018 ai 13,09 di quest’anno”. Anche le ambizioni del consorzio del Vermouth di Torino - che conta oggi 43 aziende associate - crescono. “Attualmente, sotto il nostro marchio ricadono 6 milioni di bottiglie. Ma almeno dieci milioni sono le bottiglie non classificate sotto il nostro marchio. Il nostro obiettivo è quello di portarne una larga parte sotto l’ombrello di Torino. Se riuscissimo a portarne anche solo la metà sarebbe un grande successo”, afferma Roberto Bava, il presidente del consorzio. 

I giovanissimi e il Vermouth

Ma la vera sfida è quella dei giovani. Fino a un recente passato, il Vermouth era percepito come la bevanda dei nonni, un prodotto ossidato da carrello del supermercato. Adesso il consorzio punta sulle nuove generazioni: grazie alla mixology l’identikit del consumatore potrebbe avere tra i 28 e i 40 anni. Il problema  - ammettono molti dei produttori presenti alla giornata di Torino - è vero che molti giovani lo consumano nei cocktail ma nella gran parte dei casi non sanno che il loro bicchiere contiene pure del Vermouth, almeno per una certa parte. “Fra i giovani più consapevoli c’è un maggiore interesse ad approfondire rispetto al passato. Con loro si può parlare, per esempio, di botaniche e sono disposti ad entrare nei dettagli”, spiega Giorgio Bava, ultima generazione della famiglia che, oltre a produrre vino a Cocconato d’Asti, è titolare di Cocchi e Chazalettes, due marchi storici del vino aromatizzato torinese. “Il covid ha cambiato molto le abitudini di consumo. In quei mesi le persone si sono portate il Vermouth a casa: in fondo i cocktail non sono poi così difficili da fare”. Insomma, “dobbiamo far capire anche agli italiani che in frigo il prodotto è più fresco e apprezzabile e che, al di là dei cocktail, si può apprezzare semplicemente con soda e limone”.

Ascolta: Podcast: Lo "spritz" che ci siamo presi dall'invasore austriaco, rendendolo un mito

Vittorio Ferladi Vittorio Ferla   
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