I "furbi del Passito" : Report di Ranucci attacca i trucchi dei produttori del vino e scoppia la polemica
Prodotto in piccola quantità, di alto costo, prezioso e molto richiesto, questo vino dolce siciliano ha una precisa lavorazione. Violata? Vediamo

Prezzi alla bottiglia che vanno dai 17 fino ai 60 euro. Una produzione prestigiosa ma a numero limitato, il che fa del Passito di Pantelleria una preziosità della nostra produzione vinicola, con grande richiesta dall'estero. Non sorprende quindi che la nuova puntata dell'inchiesta di Report sui Furbi del Passito abbia suscitato un vespaio di polemiche. Dato che si arrivava dalle precedenti puntate sui vini "aggiustati" e sulle presunte magagne di quelli toscani. Alle "zone d'ombra" messe in evidenza dai giornalisti guidati da Sigfrido Ranucci risponde l'intera filiera del Passito. Ma prima della risposta vediamo in dettaglio la botta giornalistica, perché in ballo c'è un mercato da svariati milioni di euro e la grande domanda: cosa stiamo bevendo quando versiamo questo vino dolce nel nostro calice?
Quelle serre "di troppo"
A rendere prezioso e molto quotato il Passito di Pantelleria è la sua produzione volutamente limited: se ne mettono sul mercato ogni anno 8.787 ettolitri di cui 1.423 ettolitri di Passito naturale e 5.727 ettolitri di Passito Liquoroso. E' come comprare un Cartier o una Ferrari in ambito eno. E la lavorazione con appassimento lento e controllato al sole delle uve di Zibibbo ne certifica la qualità. Report è partito da qui, accusando chi produce Passito Doc di "prendere scorciatoie" per guadagnare tempo nella produzione, spostando le uve dentro serre che violerebbero il metodo tradizionale, con temperature fino a 60 gradi. Ed ecco perché quel servizio giornalistico era titolato sui "furbetti".
Il disciplinare e le risposte
Ad essere presa di mira dall'inchiesta del programma di Rai Tre è stata soprattutto la cantina Donnafugata, una delle pià simboliche del Passito. Accusata di far uso delle serre per accelerare la lavorazione delle uve. Il sindaco di Pantelleria ha risposto, al microfono dell'inviato di Report, che in effetti l'uso delle serre raddoppia la velocità di maturazione della materia prima, quindi bisognerebbe chiedere ai produttori se questa tecnica è consentita dal disciplinare. E in effetti il documento che stabilisce la disciplina di produzione dice al punto 5 che l'appassimento delle uve può essere fatto anche proteggendo "le uve da eventuali intemperie". Cosa che viene fatta con graticci all'aria aperta, oppure con serre che però hanno lati aperti per essere arieggiate. Report ribatte che in questo modo il gusto del Passito finale cambia, e che il disciplinare dovrebbe essere più chiaro su che tipo di coperture usare per proteggere e uve.
Chi controlla i controllori
Poi ci sarebbe il presunto conflitto di interesse di Benedetto Renda, che produce ma è anche presidente del Consorzio in cui i marchi maggiori spingerebbero i loro interessi a discapito della cantine più piccole e seguaci del metodo totalmente all'aria aperta. Resta il fatto che il Passito di Pantelleria resta il più prestigioso e costoso proprio perché prodotto esclusivamente con appassimento all'aria aperta, mentre il Passito Liquoroso ha un diverso valore, ma sempre importante, perché prodotto anche con la copertura delle uve. Sentiti di recente da Gambero Rosso, una serie di produttori panteschi (alcuni dei quali hanno chiesto l'anonimato) hanno risposto concordi che l'uso delle serre non è una furbata e che diipingere così quella tecnica rischia di distorcere e raccontare in modo superficiale una filiera di grande valore e antica tradizione. Perché c'è chi usa le serre per proteggere le uve dalle intemperie, e chi comincia all'aria aperta e finisce in serra nella seconda fase, quella di settembre, con temperature più basse e più alto rischio che l'uva ammuffisca. Dunque si può fare, il disciplinare lo consente. E allora perché gridare alla furbizia? Il tema resta aperto.
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