Di nuovo tutti pazzi per il cocktail Bellini: due soli ingredienti per un mito di gusto ed eleganza
Dici Bellini e dici Cipriani. Dici Cipriani e dici Harry's Bar, fra Jackie Onassis ed Hemingway. Ma oggi va fortissimo anche fra i più giovani. Storia e ricetta
Il Bellini, cocktail divenuto famoso in tutto il mondo, venne alla luce e mosse i primi passi in un luogo entrato anch’esso nella leggenda: l’Harry’s Bar di Venezia. Scopriamo i segreti di una specialità che, in poco più di settant’anni, è diventata sinonimo di gusto e stile made in Italy.
A Venezia, tra gli affascinanti riflessi dei canali e l’aura misteriosa di antichi palazzi, sorge quello che è, a tutti gli effetti, uno dei più iconici “templi del gusto” italiani: l’Harry's Bar (ne abbiamo scritto qui in dettaglio, con menu e prezzi). Un ristorante unico nel suo genere, da sempre meta del meglio del jet set internazionale: gente fuori dal comune che, accomodandosi ai suoi tavoli, cerca un’esperienza al contempo raffinata e familiare. Ebbene, proprio in questo luogo, alla fine degli anni Quaranta, nacque un cocktail in grado di conquistare il mondo: il Bellini.
Lo spirito dei Cipriani nel Bellini
Non si può comprendere davvero questa specialità senza aver appreso la storia del locale e soprattutto il tipo di approccio che il suo fondatore, Giuseppe Cipriani, fin da subito decise di adottare con la clientela. Quando gli si chiedeva come mai avesse aperto l’Harry’s Bar in fondo ad una stradina chiusa e quindi priva di passanti (al tempo non esisteva ancora il ponte che collega la “calle” a Piazza San Marco), lui rispondeva che i suoi ospiti non dovevano essere persone giunte per caso, ma solo coloro che sceglievano di venire appositamente, nella consapevolezza di essere servite con la massima cura ed ottenere un servizio di eccellenza.
La nascita del Bellini
Fu proprio questa particolare “filosofia commerciale” a guadagnargli il successo e soprattutto a portare all’ideazione del Bellini. Sebbene la data di nascita del cocktail venga fatta generalmente risalire al 1948, in realtà, come più volte sottolineato da Arrigo Cipriani, figlio di Giuseppe ed erede dell’attività, l’invenzione non avvenne in un giorno preciso, ma fu piuttosto frutto di un’evoluzione. Evoluzione strettamente legata all’attenzione rivolta al cliente della quale si è appena parlato. Fu grazie alle progressive modifiche apportate per venire incontro ai gusti dei raffinati avventori che, un bel giorno (è proprio il caso di dire), sarebbe scaturita la “combinazione perfetta” di ingredienti grazie alla quale prese forma la specialità.
Un concentrato di fascino e sapore
Scopriamo dunque in cosa consiste questa sorta di “pozione magica”: ebbene, per quanto possa sembrare strano, come spesso accade quando si ha a che fare con prelibatezze rinomate, si tratta di una preparazione semplice, realizzata con soli due prodotti, di primissima qualità, vale a dire Prosecco di Valdobbiadene e purea di pesche bianche.
L’ingrediente “segreto” del Bellini
Occorre comunque evidenziare che il sapore del Bellini, ed il suo conseguente successo, derivano da un qualcosa che va ben oltre la semplice miscela di vino e frutta: si tratta di un terzo ingrediente, una sorta di “ingrediente segreto”, che consiste nel connubio di esclusività e glamour che pervade la sua “culla”: l'Harry’s Bar. Per lunghi anni, ed in parte ancora oggi, le sue piccole sale sono state punto di ritrovo per l’élite culturale e sociale mondiale. Ai suoi tavoli si sono seduti scrittori come Ernest Hemingway e Truman Capote, attori come Charlie Chaplin e Katherine Hepburn, registi come Orson Welles e Woody Allen, per non parlare di un infinito stuolo di re, regine e nobili vari. E’ inevitabile che quest’elemento impalpabile, innegabilmente ricco di fascino, sia diventato parte integrante della ricetta del Bellini, elevandolo da “semplice” cocktail ad “infuso” di ricercatezza.
Bellini: nomen, omen
Ricercatezza e bellezza: concetti che furono ben presenti nella mente di Giuseppe Cipriani quando si pose il problema di come chiamare la squisita specialità. La scelta ricadde, guarda un pò, sul nome di un pittore Rinascimentale veneziano, il Bellini: pare infatti che il Signor Giuseppe, ammirando un quadro dell’artista, riconobbe il colore del suo cocktail in una particolare tonalità di rosa usata nella rappresentazione di una toga.
L’opera era compiuta: ciò che col tempo sarebbe divenuto un esempio da manuale di successo culinario e di marketing, aveva preso forma: merito di una persona speciale che, grazie al suo impegno, intraprendenza ed un pizzico di genialità, partendo dal ruolo di barman sarebbe arrivato a fondare un vero e proprio impero che, al giorno d’oggi, oltre all’ Harry’s Bar può vantare un gran numero di locali sparsi in tutto il mondo.