Verdicchio di Matelica, il grande bianco di montagna nato dai "metalmezzadri"
Non solo uno dei vini bianchi più apprezzati e caratteristici ma ancora più speciale nell'areale nella provincia di Macerata. Dentro una storia bellissima
Le Marche spiccano in Italia come regione squisitamente “bianchista”, probabilmente l’unico caso in Italia in cui il link tra il territorio e l’uva bianca di riferimento, il Verdicchio, è totale. Proprio grazie ai risultati raggiunti dal Verdicchio, le Marche possono essere collocate senza timore tra le regioni vitivinicole italiane di punta. Né si può esitare a definire il Verdicchio come il bianco nazionale più rappresentativo. Tuttavia, in una regione che è già in sé eccezionale, c’è ancora un areale davvero unico da scoprire. È quello che ruota intorno alla città di Matelica, in provincia di Macerata, raccogliendo altri sette comuni: Esanatoglia, Gagliole, Castelraimondo, Camerino e Pioraco sempre nella provincia di Macerata, Cerreto D'Esi e Fabriano in quella di Ancona. La Doc Matelica inoltre è tra le più risalenti visto che è datata 1967 (dal 2010 c’è anche la Docg con il Verdicchio di Matelica Riserva).
Venti chilometri davvero speciali
Siamo nell’Alta Vallesina, un ovale geografico in appena 20 km, circondato da colline e catene montuose che impediscono l’accesso alle brezze marine. A differenza delle altre valli marchigiane che partono dal mare per salire verso le alture, questa è l’unica disposta in direzione Nord-Sud, con una disposizione dei versanti inimitabile. La conseguenza è quella di un clima continentale, con inverni freddi e nevosi ed estati anche molto calde ma con grandi escursioni termiche. Allo stesso tempo, questa zona è attraversata dal 43° parallelo, quello che definisce la media del clima mediterraneo: grazie a questa posizione il sole aiuta molto la maturazione senza arrivare a bruciare l’uva. Al clima si aggiunge l’influenza dei suoli fatti di marne e arenarie, carbonati di calcio e argilla. Succede così che, nonostante l’altitudine non sia eccessiva (tra i 300 e i 650 metri), la produzione vitivinicola esprime vini tipici di montagna, segnati da una vibrante acidità che completa la ricchezza del Verdicchio, uva di struttura e di corpo, con tanto alcol e tanto estratto secco netto, che in tanti definiscono “un rosso travestito da bianco”.
Un grande affinamento naturale
Grazie a queste caratteristiche il Verdicchio, specie qui a Matelica, manifesta uno straordinario potenziale di affinamento e di longevità, entrambi raggiungibili senza bisogno di ricorrere all’intervento del legno delle botti. Il Verdicchio di Matelica, quando giovane, si caratterizza soprattutto per i sentori fruttati di mela (per lo più verde) e ananas con note fresche di fiori bianchi e per una vibrante sferzata di acidità che sgrassa e ripulisce il palato. In alcuni casi affiora lo zest di limone tipico. Quasi sempre il finale parla di mandorla amara, nota tipica del vitigno, attenuata nelle espressioni migliori. Le riserve, che possono contare su una sosta per l’affinamento più lunga, possono rivelare, a seconda dei casi, note di dolcezza più morbide oppure una freschezza più complessa di anice stellato ed erba tagliata. Ma il filo conduttore, anche nel caso di esemplari più evoluti e complessi, resta la vibrante personalità del vino di montagna, ciò che rende Matelica una enclave specialissima nel mondo del Verdicchio. Un vino perfetto con crudi e piatti di mare, se bevuto giovane.
L'abbinamento perfetto con i piatti di mare
L’evoluzione tipica della riserva permette al Verdicchio di accompagnare piatti di mare più strutturati come lo stoccafisso all’anconetana. Infine, bisogna ricordare che siamo di fronte a un bianco potente e strutturato che regge l’urto di pietanze più complesse e si abbina perfettamente ai piatti di carne tipici della cucina dell’entroterra: dalla cotoletta di agnello alla porchetta di coniglio. Insomma, il Verdicchio di Matelica è un vino capace di conciliare gli opposti, di unire grinta ed eleganza, potenza e freschezza.
Cosa manca ancora
Come è possibile che non sia ancora pienamente riconosciuto - anche sotto il profilo del prezzo - come uno dei più grandi bianchi italiani? La risposta potrebbe essere storica ed economica. “Quando, negli ’50 e '60, le Langhe erano afflitte dalla miseria e Montalcino era un entroterra marginale, Matelica poteva contare sulla spinta del boom economico provocato dallo sviluppo del settore energetico. Enrico Mattei, marchigiano di Acqualagna e fondatore dell’Eni (che sotto la sua guida divenne una multinazionale del petrolio protagonista del miracolo economico post bellico) chiese ad Aristide Merloni, marchigiano di Fabriano, di realizzare le bombole a gas indispensabili per portare l’energia nelle case degli italiani”, così racconta Roberto Ponentini, enologo e direttore generale delle cantine Belisario, nate nel 1971: un'azienda agricola di 300 ettari vitati che è la più grande produttrice di Verdicchio di Matelica. Snam come Siamo nati a Matelica era la battuta che si usava spesso in zona.
I "metalmezzadri"
“Il territorio matelicese - continua Potentini - si caratterizzò così con le figure dei metalmezzadri, operai nelle fabbriche la mattina e poi contadini nelle vigne al pomeriggio. Le famiglie accumularono tanti risparmi, fruttuosi ancora oggi, ma a causa di questa ricchezza il vino restò a lungo un elemento secondario della vita economica locale. Ma adesso il mondo è cambiato e per la prima volta il vino comincia a svolgere per Matelica un ruolo economico”, conclude. Insomma, un elemento di traino che potrebbe stimolare anche l’enoturismo. Basti pensare a Villa Collepere Country House sita a meno di tre chilometri dal centro di Matelica. La villa vanta anche la produzione di alcune etichette, con il Verdicchio Grillì e la riserva Angelo in primo piano.
Tutto il meglio di questo territorio
Il recente tour organizzato dall’Imt, l’Istituto Marchigiano di Tutela dei vini, ha offerto una panoramica completa del territorio: oltre a Belisario e Collepere, presenti anche La Monacesca, Tenuta Grimaldi, Tenuta Piano di Rostano, Gatti, Provima, Gagliardi, Bisci, Le Stroppigliose, Borgo Paglianetto, Casa Lucciola, Colpaola. Territorio minuscolo ma qualità media complessiva molto alta: c’è davvero l’imbarazzo della scelta. A partire dal 2024, grazie alla modifica del disciplinare, il cambio del nome da Verdicchio di Matelica Doc e Verdicchio di Matelica Docg a Matelica Doc Verdicchio e Matelica Riserva Docg Verdicchio diventerà realtà (e la parola del vitigno diventerà facoltativa). Una novità che legherà ancora di più il vitigno con il proprio territorio e le sue specificità nell’ottica di una rivoluzione che riguarda pure le altre denominazioni marchigiane associate nell’Imt (16 in tutto) con il contributo decisivo del presidente Michele Bernetti e del direttore Alberto Mazzoni.