Altro che frigo: i perfetti sistemi antichi per conservare il cibo che ancora usiamo
Prima della diffusione degli apparecchi elettrici e del ghiaccio "popolare" esistevano metodi ultracentenari. Che tornano tutti d'attualità
Affumicatura, essicamento, salatura, canditura, trattamento con spezie, immersione in olio, o aceto, o alcool o fermentazione sono i principali sistemi naturali di conservazione del cibo, alcuni dei quali antichissimi; essi non utilizzano il freddo, ossia la refrigerazione, il congelamento e surgelamento, tecnologie legate soprattutto a frigoriferi e freezer che sino ad alcuni decenni fa non erano disponibili nelle case degli italiani.
Quando il ghiaccio era come l'oro
La conservazione tramite blocchi di ghiaccio, conosciuta sin dall’antichità era però di fatto, abbastanza costosa e utilizzata per poche derrate, carni e selvaggina. Solo ai primi del Novecento con l’apertura delle prime fabbriche di ghiaccio si iniziarono a sviluppare i prototipi dei futuri frigoriferi, ossia le ghiacciaie, armadietti che semplicemente venivano “condizionati” con il ghiaccio. Quando l’elettricità arrivò nelle case rivoluzionò la vita degli alimenti, che per decine di millenni erano stati trattati in modo diverso per allungarne la conservazione, ossia quella che oggi chiamiamo “shelf life”. I frigoriferi, di cui esistevano prototipi sin dalla Rivoluzione industriale, si fanno finalmente strada, e nel secondo dopoguerra diventano comuni, così come le lavatrici.
Il mondo di prima: un'antica sapienza che è ancora qui
Le popolazioni però hanno sempre sfruttato le proprietà disinfettanti e conservative di elementi e tecniche a loro disposizione: sale, olio, aceto, sole, spezie, fuoco per la cottura, affumicatura e biscottatura, da un lato, fermentazione dall’altro sono stati i maggiori alleati degli antichi.
In Sardegna, ad esempio, il pane carasau e il pistoccu sono due pani che dopo lievitazione e cottura vengono biscottati e così allungano la propria shelf life sino a sei mesi dalla cottura.
Metodi ancestrali che sono ancora tutti qui con noi
Iniziamo dalla affumicatura, una tecnica di conservazione del cibo davvero ancestrale. Consiste nell'esporre un prodotto alimentare al fumo provocato dalla combustione di legna. Affumicare gli alimenti permette di conservarli più a lungo, e con un piacevole e caratteristico sapore di fumo. La conservazione avviene per due fattori: il primo è la perdita di liquidi, e poi il fumo funge come una sorta di disinfettante e arresta la proliferazione batterica.
La salatura, o salagione a secco, è metodo antico di conservare il cibo che consiste nel cospargere la superficie degli alimenti col sale; questo svolge un'azione disidratante e antimicrobica. L'azione osmotica del sale facilita la fuoriuscita dei liquidi e il cibo dura nel tempo. Formaggi, capperi, acciughe, alcuni salumi sono trattati proprio con questo trattamento, che per ogni ingrediente varia per durata e procedura.
La salatura con salamoia è utilizzata per i formaggi e per molti ortaggi, come capperi, olive e cetriolini. In questo caso non si massaggia l’alimento con il sale ma si prepara una soluzione di acqua e sale. La concentrazione di sale in questa soluzione può variare. L’alimento viene immerso per un tempo variabile nella salamoia, più dura più il formaggio si presta alla stagionatura. Se è breve il formaggio deve essere consumato nel giro di pochi giorni.
L'essiccamento consiste nel privare progressivamente gli alimenti dall'acqua in essi contenuta, ciò permette di mantenere inalterate gran parte delle proprietà organolettiche. Il trattamento può essere fatto con diverse modalità e temperature, che variano dagli 0-2°C per lo stoccafisso nel nord Europa, utilizzando di fatto il freddo, a temperature che raggiungono anche 40°C sotto il sole, per i pomodori secchi, l’uva passa e i fichi secchi nel bacino del Mediterraneo.
Con la stessa metodica si essicca la pasta sin dal Medioevo, che viene lasciata al sole per alcuni giorni, ritirandola la notte per evitare l’umidità, o anche alcuni tipi di frutta e ortaggi. La pasta essiccata può essere anche messa nel forno a legna o nel forno casalingo, a bassa temperatura, nei mesi invernali.
Parola d'ordine: scapece
La conservazione tramite aceto (scapece) è patrimonio di diverse cucine. Pare derivi dallo spagnolo escabèche o dal catalano escabetx ed è sicuramente di ascendenza medievale. Si usa soprattutto per il pesce, che viene prima cotto, bollito o fritto, e poi cosparso di aceto. In Sardegna questa preparazione si chiama scabecciu e riguarda sia i pesci sia le olive, sia una versione del sugo di pomodoro.
Lo scapece ha diverse varianti, ma in tutte compare l’aceto, cardine di questo economico sistema di conservazione delle derrate alimentari. Del resto nelle dispense non è mai mancato l’aceto di vino. I ceti popolari mangiavano soprattutto prodotti conservati, meno deperibili, economicamente vantaggiosi, mentre era prerogativa delle élite gustare cibi freschi, pesci inclusi: è ciò che annota il filosofo rinascimentale Michel de Montaigne vedendo il popolo nelle taverne di Foligno masticare pesce salato.
Lo scapece applicato al pesce comporta la frittura o la bollitura e poi la marinatura con aceto, sale e sovente aglio, per conservarlo e trasportarlo meglio: nel Medioevo la fame aguzza l’ingegno. Negli ultimi 20 anni lo scapece è nobilitato da diversi grandi chef nei loro libri di ricette, da Alain Ducasse a Davide Oldani, ma nasce in un contesto popolare.
Canditura e spezie
Altri metodi di conservazione dei cibi consistono nella canditura deli alimenti, come la frutta, con miele o zucchero, o l’immersione degli alimenti in miele o soluzioni con alte percentuali di zucchero, che fungono da antibatterici. Anche le spezie sono un ottimo sistema di conservazione degli alimenti, e vengono ad esempio utilizzare per i salumi, insieme al sale o viceversa mix di spezie conservano prodotti dolci, come i famosi pan pepati dell’Italia centrale, consentendo loro di durare più a lungo.
Sott'olio e infine la cottura
Anche gli alimenti conservati sott’olio d’oliva vedono allungare la propria vita. Si tratta di un metodo gustoso ma costoso, limitato ad alcuni alimenti di un certo pregio.
La cottura è uno dei sistemi classici di conservazione delle derrate, anche se ha un difetto: il tempo limitato. Viceversa la cottura degli alimenti, come salsa di pomodoro, confetture e marmellate e la conservazione sottovuoto in vasetti di vetro o lattine metalliche consente una vita agli alimenti anche di anni, ma sono conquiste ottocentesche, quando si iniziò a sperimentare e a capire la vita dei microorganismi presenti nel cibo e a controllarne lo sviluppo. Maestro di questi studi fu il geniale chimico francese Louis Pasteur: la pastorizzazione prende nome da lui ed è considerato il fondatore della moderna microbiologia.
I microbi che sono nostri amici
Tramite la fermentazione si allunga la vita degli alimenti, utilizzando sapientemente i microorganismi. Non tutti i microbi sono nocivi, anzi molti sono tanto utili all'uomo tanto quanto lo sono in cucina. Basti pensare allo yogurt o alla produzione del salame: entrambi i prodotti si avvantaggiano degli acidi prodotti da batteri e/o dalle muffe per maturare e stabilizzarsi nel tempo mantenendo integre, se pur entro certi limiti, le proprie caratteristiche.
Moltissimi prodotti che consumiamo sono fermentati, dal pane con il lievito madre ai formaggi, ai salumi, alle verdure, come il famoso kimchi coreano, al già citato yogurt, al kefir, un latte fermentato molto comune in gran parte dell’Asia e un toccasana per il microbiota intestinale, così come gli altri cibi correttamente fermentati. Alcuni alimenti infine vengono conservati in alcool, in primis le ciliegie, secondariamente l’uva e altri tipi di frutta e di bacche.
Le mille applicazioni della distillazione
Con l’alcool si ricavano distillati, amari e liquori, che sono miscele di alcool o altri distillati con acqua, zucchero e sostanze aromatiche diverse. L’uomo ha imparato che qualunque materia zuccherina è fermentabile e può produrre alcool. Così ha imparato a fare il vino dall’uva e la birra dai cereali, diversi millenni fa, così ha appreso l’arte della distillazione, conosciuta già a Babilonesi ed Egizi e passata in Occidente nel Medioevo grazie alle scuole di medicina. Lo scopo di queste bevande è ricreativo e distensivo ma sono state messe a punto probabilmente per conservare più a lungo alimenti preziosi e calorici, in grado di sostentare le prime comunità di agricoltori. Poi l’effetto inebriante e disinibente ha prevalso ampiamente sulle ragioni della conservazione, e sono diventati mito e rito in cerimonie religiose e convivi laici.