Gli arancini siciliani, un classico del gusto: tutto quanto c’è da sapere su questa celebre delizia
Poche sono le notizie sulla loro nascita. Le teorie e le diatribe. Le differenze tra la specialità catanese e quella palermitana. Perché sono diventati un simbolo della cucina italiana

Se c’è una specialità che può rappresentare al meglio l’opulenza della tradizione gastronomica siciliana, rinomata per la sua ricchezza di sapori, profumi e colori, quella è l’arancino: una preparazione salata a base di riso, farcita con vari ingredienti, impanata e fritta. Scopriamo tutto quanto c’è da sapere su questa celebre delizia per il palato, cominciando dalle sue controverse origini.
La storia dell’arancino
Poche sono le informazioni sulla nascita dell’arancino: nel corso del tempo ciò ha generato, e causa ancora oggi, non poche diatribe. Per la maggior parte delle fonti la sua genesi sarebbe legata agli arabi, che dominarono la Sicilia dall’anno 827 fino al 1091 e che introdussero, tra l’altro, l’impiego del riso e dello zafferano nella cucina locale. Va sottolineato che molti storici trovano questa teoria abbastanza discutibile. Altri esperti ipotizzano che, inizialmente, la specialità fosse dolce e che, nel tempo, avrebbe subito una progressiva evoluzione. Questa lenta trasformazione sarebbe avvenuta nelle cucine dei palazzi nobiliari o, come spesso accade, in quelle dei conventi.
Sappiamo per certo che l’antenato della prelibatezza che conosciamo ed apprezziamo al giorno d’oggi iniziò ad essere preparato non prima del ‘700, quando il pomodoro, proveniente dal Nuovo Mondo, prese finalmente piede in Europa come ingrediente. Sempre in merito alla nascita dell’arancino, esiste un’interessante (quanto improbabile) leggenda che riguarda la sua panatura e frittura, secondo la quale l’uso di questa tecnica andrebbe attribuita ai cuochi di Federico II di Svevia che, in questo modo, avrebbero reso la pietanza più facilmente trasportabile in occasione delle battute di caccia del loro re.
I nomi e le forme dell’arancino
Sebbene in Sicilia quasi ogni singolo centro abitato vanti una sua specifica tradizione relativa all’arancino, le principali ‘scuole’ di riferimento sono due, ovvero la catanese e la palermitana. A Catania l’ ‘arancino’ più tipico (rigorosamente con la ‘o’ finale), ha un’inconfondibile forma a punta con base piatta: aspetto che, secondo alcuni, rimanderebbe a quello dell’Etna, il celebre vulcano dal quale, oltre al fumo, fuoriesce lava, simboleggiata dalla rossa farcitura della specialità. A Palermo l’ ‘arancina’ (altrettanto rigorosamente con la ‘a’ finale), ha invece una forma sferica, che ricorda non poco quella dell’arancia dalla quale, non a caso, mutua il nome.
La preparazione dell’arancino
La preparazione dell’arancino richiede una procedura solo apparentemente semplice che comprende la cottura del riso, la sua modellazione (incluso l’inserimento del ripieno), la panatura ed infine la frittura. Esposti in questo modo i vari passaggi sembrerebbero nascondere ben poche insidie. Niente di più falso: basti pensare a come li descrive il romanziere Andrea Camilleri (siciliano DOC) nel suo libro ‘Gli arancini di Montalbano’. Adelina, amica del protagonista, impiega infatti ben due giorni per preparare i suoi squisiti arancini: per raggiungere un risultato di eccellenza, le sono necessari tempi lunghi nella realizzazione delle singole parti ed una grande esperienza sia nel loro ‘assemblaggio’ sia nella cottura.
Il ripieno dell’arancino
A Catania la farcitura più classica dell’arancino è senza dubbio quella a base di ragù di carne e piselli. A Palermo, oltre all’arancina con il ragù (‘accarne’), è altrettanto tradizionale quella contenente besciamella, mozzarella e prosciutto a dadini (‘abburro’). Va comunque detto che, al pari di un piccolo scrigno di sapori, questo tipo di specialità si presta ad un gran numero di varianti: tra le più squisite, impossibile non ricordare la ‘norma’, che include melanzane fritte e ricotta salata, oltre a quella preparata con il pistacchio di Bronte.
Arancine a volontà per Santa Lucia
Una gustosa curiosità: a Palermo, ogni 13 Dicembre, si celebra Santa Lucia, protettrice degli occhi e della vista. In questa occasione, per commemorare una terribile carestia del passato, la gente evita il consumo di pane e, in generale, di farinacei di ogni tipo. Dal momento che tale usanza non esclude il consumo di riso, in questo particolare giorno dell’anno si concentrano le più grandi scorpacciate di arancine, siano esse preparate in casa o nelle rosticcerie più tradizionali della città.
L’arancino, un classico del gusto ‘made in Italy’
Per concludere occorre sottolineare che, nel tempo, l’arancino è divenuto uno dei simboli non solo della cucina siciliana, ma anche della stessa tradizione gastronomica italiana: un indiscutibile portabandiera dell’eccellenza del Bel Paese a tavola. Non deve quindi stupire che il MIPAAF, Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, lo abbia inserito nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (PAT). Un’inclusione che funge al contempo da riconoscimento e da garanzia di qualità per una prelibatezza che, se in Italia è oramai un vero e proprio classico del gusto, anno dopo anno sta acquisendo folte schiere di aficionados in molte parti del mondo.