Quell'oasi dove si cucinano le vere ricette dell'antica Roma. E la differenza fra chi beve vino e birra
All'interno del Parco Archeologico dell'Appia Antica l'Hostaria Antica Roma recupera e propone il ricettario del De Re Coquinaria. Ecco cosa comprende

Quattromilasettecento ettari di antiche vestigia in mezzo alla natura, dove rilassarsi e ritrovare la storia dell'antica Roma. Il Parco Archeologico dell'Appia Antica viene sempre più scoperto da turisti di tutto il mondo, tanto da essere stato al centro di uno speciale della Bbc. Oltre alla bellezza del contesto, una delle maggiori attrazioni di questa oasi (il secondo più grande parco urbano in Europa) sta nella risposta a questa domanda: come mangiavano gli antichi Romani? Perché qui è possibile scoprirlo a tavola, dopo un approfondito lavoro di ricerca filologica e culinaria che ricrea i piatti secondo le ricette del De Re Coquinaria di Apicio, il più antico libro di enogastronomia legato alla romanità e risalente al I secolo. E' stato il ristoratore e ricercatore Paolo Magnanimi a unire storia e gusto nella sua Hostaria Antica Roma, che sta fra il Mausoleo di Cecilia Metella e un suggestivo giardino privato curato da suo padre Massimo.
A tavola come gli antichi romani
E secondo quanto si legge nel De Re Coquinaria, ricettario trasportato fedelmente nei menu di Magnanimi, c'era intanto una netta separazione nell'antica Roma, fra chi beveva vino e chi birra. Ed era una differenza sociale. Le elite dell'aristocrazia e dei liberi avevano accesso al vino e lo consideravano un autentico segno distintivo a tavola, agli strati più bassi della popolazione che potevano permetterselo veniva concessa la birra. Quando ci si siede alla Hostaria Antica Roma si ritrova anche quel che si mangiava davvero ai tempi dell'Impero. E quindi la prima immagine da lasciare alla fatasia è quella dell'eccessiva cena di Trimalcione descritta nel Satyricon di Petronio, con tutte le sue bizzarrie satiriche. Perciò niente testicoli di toro, mammelle di scrofa e lepre decorata con ali d'oro per avere le sembianze di Pegaso.
Le reali ricette dell'Impero
Se si fa una rigorosa ricerca archeologica e letteraria su quel che i romani mangiavano davvero, e che oggi si può gustare fedelmente all'interno del Parco Archeologico dell'Appia Antica grazie a Magnanimi, ecco che ci si trova duemila anni indietro nel tempo. A tavola i Romani amavano specialmente vari tipi di grano, legumi, verdure, uova e formaggi che erano alla base della loro alimentazione. Frutta e miele venivano usati come dolci. Carne, soprattutto quella di maiale, e pesce vennero usati con moderazione a partire dal III secolo con l'espandersi dell'Impero. Le spezie provenienti da province esotiche erano estesamente adoperate, dal pepe indiano ai limoni siriani fino al Garum, un'antica salsa di pesce orientale che dava un sapore deciso agli alimenti.
Quel che bevevi ti identificava a livello sociale
Altre ricette proposte da Magnanimi sono il Pullum oxizomum, sorta di antipasto di pollo preparato con porri, salsa di alici di Cetera proveniente dalla Costiera Amalfitana. Specialità provenienti dal De Re Coquinaria di Apicio comprendono la Patina cotidiana, predecessora delle lasagne ma preparata senza sugo di pomodoro (che allora non era stato ancora scoperto) e con la lagana, antico pane piatto, riempita con carne di maiale, pecorino e finocchietto. Il Moretum, crema di formaggio proposta come ai tempi di Virgilio, quindi aromatizzato con coriandolo, semi di sedano, pecorino e aglio. Spalmata sul Libum, pane rotondo che per i Romani era sacro. Come dolce, fra le varie possibilità, la Tiropatina, crostata dal sapore deciso grazie all'uso del pepe, ritenuto afrodisiaco. Dopodiché si può optare per il vino o per la birra, a seconda di quanto ci si senta elitari o popolari.