Mangi in paradiso ma la cucina è un inferno. Locatelli: "Contro di me bullismo e insulti razzisti"
"Niente snobismo nel mio locale stellato" dice lo chef e giudice gourmet in tv. Motivo? I segni di quello che ha subito lui, mai dimenticati
Tu levati di mezzo, brutto Wop. Perché questo sei. Non sei di qui e peggio, vieni da uno di quei Paesi mediterranei dove passate il tempo a spassarvela e siete periferia dell'impero. Vuoi lavorare? Allora muoviti, razza di Wop. E questo è stato solo l'inizio. Oggi Giorgio Locatelli è il celebre chef e imprenditore della omonima Locanda, il posto più ambito a Londra e meta fissa di Vip per il loro pasti gourmet. Locatelli è fra i giudici di MasterChef quello con la zazzera da ragazzo che nel mentre si è imbiancato di capelli, modi a metà fra la gentilezza e l'attenzione ferrea al dettaglio. Una star. Ma che si porta addosso, non ultimo a farlo, i segni delle guerre in cucina, dove ha sperimentato il bullismo razzista sulla sua pelle. Lo ha raccontato in una lunga intervista sul Corriere della Sera.
"Da me niente snobismo"
Oggi che è lo chef pluristellato a capo di una delle cucine più ambite del mondo, quella di cui sono stati ospiti star, re e regine, nel ristorante dove Madonna ha due tavoli fissi solo per lei, Giorgio Locatelli ha un'idea fissa rispetto alla quale non transige: "Abbiamo sempre cercato di respingere quell'idea di snobismo di altri ristoranti stellati". Il motivo è molto semplice: Locatelli ha provato la parte più dura e violenta dello snobismo sulla sua pelle. Ha raccontato di quando esordì nel 1985 tra i fornelli dell'ambitissimo Savoy di Londra, sullo Strand: "Lì mi bullizzavano, mi chiamavano 'tu, fot...o Wop". Che significa questo termine? E' un acronimo di Without Papers o Without Passport. Sta per immigrato irregolare, ospite sgradito di un Paese che ti spreme al lavoro e ti fa sentire come uno fuori posto, di serie B. Un negro, ma bianco e mediterraneo. Stessa violenza razzista, nei modi e nelle parole.
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Resistere, sapersi adattare: serve anche in questa crisi
La Londra che bullizzava Locatelli non era tutta così, il top chef ricorda come nel quartiere di Soho dove gli italiani, in un contesto di dinamismo artistico e creativo, erano visti bene. Ma sul posto di lavoro non c'erano sconti, e bisognava resistere. Il segreto? Ancora nelle parole dello chef: "Devi avere questa capacità, che gli italiani hanno, di modellarsi sul posto in cui vai, di accettare le altre persone, il loro modo di essere". Senza rinunciare al tuo, che significa non solo cultura del cucinare ma anche dell'accogliere. Ora a Londra la gente si siede fuori dal locale, nei tavoli all'aperto, per mangiare.
Vi svelo cosa mangiano i reali d'Inghilterra da me
"La madre di mia moglie (la consorte dello chef è inglese e lavora con lui, ndr) dice: 'Grazie a Dio per gli italiani che hanno deciso di mettere i tavoli fuori'". Ristorante ambitissimo dai reali britannici, quello dello chef italiano: il neo re Carlo III "è venuto una volta quando era ancora principe di Galles, ha mangiato tortellini, c'erano anche Camilla col figlio Tom". Il principe Harry ci andava con la sua vecchia fiamma Chelsea Davy ma da quando ha sposato Meghan è sparito. Clienti anche William con Kate, che seppure magra e asciutta "lei mangia", conferma Locatelli. Aver tenuto botta negli anni del bullismo razzista serve ora, con la crisi dell'import, la chiusura ai lavoratori stranieri della Gran Bretagna, l'inflazione che galoppa e la guerra in Ucraina: "Tante aziende si rifiutano di mandare le cose, è diventato difficile. Questa Brexit è un disastro".
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