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Cibi proibiti, sospetti e leciti: viaggio nella cucina musulmana fra "Halal" e "Haram"

Purezza, integrità, vicinanza ad Allah e condotta alimentare. Come le scelte in questo campo raccontano una cultura, che ci conquista coi suoi sapori

Antonio Maria Guerra di Antonio Maria Guerra   
Sapori 'migranti' che conquistano sempre più spesso i nostri gusti (Fotomontaggio A.M.G.)
Sapori "migranti" che conquistano sempre più spesso i nostri gusti (Fotomontaggio A.M.G.)

All’inizio del XXI secolo l’Islam è ancora, sotto molti aspetti, una sorta di oggetto misterioso, spesso trattato da chi non vi appartiene, nel migliore dei casi, con una certa diffidenza. E’ probabile che almeno una parte di questa diffidenza sia legata a quella che, nel mondo occidentale, viene considerata la ‘rigidità’ delle sue regole, strettamente legate alla religione. Si tratta di norme che disciplinano con precisione molti degli aspetti della vita dei fedeli, non ultima la loro alimentazione. Il nutrimento di ogni buon musulmano ha infatti un ruolo centrale nel mantenimento della purezza e dell’integrità stessa del suo corpo e, di riflesso, della sua anima.

La corretta alimentazione per compiacere Allah

E’ probabile che, originariamente, questi dettami siano nati come utili prescrizioni per un mangiare sano in luoghi dal clima caldo, non se addirittura desertico (non a caso la traduzione della parola ramandan è mese torrido): col passare dei secoli si sarebbero trasformati in veri e propri precetti necessari al mantenimento di una buona condotta di vita, la cui osservanza è requisito fondamentale per compiacere Allah.

Halal e haram: la classificazione del cibo

Questa premessa risulta necessaria per comprendere il profondo significato di due termini di fondamentale importanza per il culto islamico, vale a dire halal e haram, traducibili rispettivamente in lecito (in arabo: حلال‎) e proibito (حرام), con chiaro riferimento a tutto ciò che un buon musulmano può o non può mangiare. Occorre tenere bene a mente che queste due semplici parole costituiscono una sorta di ‘semaforo’, vero e proprio arbitro delle scelte culinarie di popolazioni che vivono in territori vastissimi, spesso indicati come mondo arabo, che spaziano dall’Africa al Medio Oriente, fino alla lontana Indonesia, per non parlare di tutti coloro che sono emigrati in giro per il pianeta.

Halal, i cibi leciti

A questo punto sarà utile indicare, almeno sommariamente, quali sono le tipologie di cibo considerate sicuramente halal, vale a dire ‘permesse’. Iniziamo dalla carne: la più consumata è quella ovina ed il pollame, non manca comunque quella bovina e, guarda un pò, quella di cammello. Di fondamentale importanza la sua macellazione, che deve essere effettuata in modo rituale (dhabihah), facendo defluire completamente il sangue dell’animale. Questa carne è spesso utilizzata in pezzi, per preparare gustosi stufati. Per quanto riguarda il pesce, è permesso l’impiego di molte varietà, gran parte delle quali dotate di squame.

Grano spezzato, altri cereali e latte

Centrale il ruolo dei cereali, su tutti il riso e soprattutto il frumento, grazie al quale vengono preparati veri e  propri ‘classici’ della gastronomia araba: basti citare il cous cous di origini berbere, la pita o pitta (la particolare tipologia di pane che spesso accompagna il kebab di carne grigliata o le polpette vegetariane del falafel), ed il bulgur (‘grano spezzato’), molto apprezzato soprattutto in Turchia. Il latte e i suoi derivati sono in gran parte ammessi (con qualche eccezione). Soprattutto lo yogurt, come ad esempio il ‘labneh’, preparato con latte di pecora, vacca e, occasionalmente, anche di capra. Impossibile dimenticare i legumi (su tutti i ceci, le lenticchie e le fave), le verdure in generale e soprattutto le spezie: ingrediente che più di ogni altro conferisce alle specialità musulmane il loro incredibile gusto e profumo. Tra le più tipiche ricordiamo il cumino, la curcuma, la cannella, lo zafferano, la paprica e lo zenzero.

Haram, i cibi proibili

I cibi haram sono, come già detto, assolutamente vietati. La loro presenza, anche in quantità minima (contaminante), è in grado di rendere ‘illecito’ un prodotto halal. Tra questi ricordiamo la carne del maiale, del cinghiale, del coniglio e, più in generale, di ogni animale carnivoro. Altrettanto vietati alcune varietà ittiche, come l’anguilla, il pesce spada, l’aragosta e tutti I frutti di mare. Sono inoltre assolutamente vietate le bevande alcoliche, come birra, vino e distillati vari.

Mushbooh i cibi sospetti

C’è infine una terza categoria, quella dei cosiddetti cibi mushbooh, vale a dire sospetti: questo sospetto deriva dall’ ‘incertezza’ sulla liceità o meno di uno o più ingredienti impiegati nella loro preparazione. Facciamo un esempio: un gelato potenzialmente ‘halal’ potrebbe contenere, ad esempio, una sostanza aromatica o un  conservante ‘haram’: ciò lo renderebbe inadatto al consumo. E’ chiaro il disagio di un fedele osservante, costretto di volta in volta a intraprendere un’indagine su quello che sta per mangiare.

Le società di certificazione

Proprio per rispondere a questa problematica, nel corso degli anni sono nate apposite società certificatrici (autorizzate dalla Halal International Authority) che, come è facile capire dal nome, si occupano proprio di eseguire questo tipo di analisi, assegnando una sorta di ‘bollino’ ai prodotti che superano i loro test. Quasi inutile dire che la loro opera non è del tutto altruista, poichè al giorno d’oggi il mercato alimentare destinato alla gente di fede islamica conta centinaia di milioni di acquirenti ed è in ulteriore crescita. La nascita di aziende di questo tipo dimostra nei fatti che la convivenza tra civiltà diverse è possibile superando le reciproche diffidenze ed adottando un atteggiamento di mutuo rispetto. Anche in campo gastronomico.

Antonio Maria Guerra di Antonio Maria Guerra   
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