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Il Natale sbagliato di Gesù, la Befana fata e strega e il cibo di questa ex festa pagana

Ora demoniaca a spaventosa, ora benevola e perfino affascinante e sensuale. Storia e gusto dolce di un rito antico che si intreccia con quello natalizio

Alessandra Guigonidi Alessandra Guigoni   
Strega spaventosa o benevola? Fata sensuale? E nella calza cosa ci sarà? Per ogni dettaglio una spiegazione antica (montaggio da foto Shuttertock)
Strega spaventosa o benevola? Fata sensuale? E nella calza cosa ci sarà? Per ogni dettaglio una spiegazione antica (montaggio da foto Shuttertock)

Il 6 gennaio nei presepi italiani si sistemano i re Magi, guidati dalla stella cometa, venuti dall’Oriente a rendere omaggio e consegnare doni a Gesù bambino, mentre nei camini o sulle cappe le calze della Befana si riempiono magicamente di cioccolatini e caramelle.  Ancora adesso in diverse culture, tra cui quella spagnola, è il 6 gennaio la vera data di scambio dei doni con familiari ed amici.

Gesù non è nato a Natale

La data della nascita di Gesù non è sempre stata quella che conosciamo; inizialmente venne situata in primavera, spesso il 25 marzo. Poi fu spostata il 6 gennaio e infine nel IV secolo d.C. prevalse il 25 dicembre, sulla scorta della festa romana del Sol invictus, dedicata al sole nascente, dopo appunto il Solstizio invernale. In questo modo il nascente Cristianesimo si impadroniva di una data fondamentale per l’Impero Romano, facilitando la propria diffusione tra una popolazione situata in tre continenti diversi, ma con un minimo comune denominatore, l’adorazione del Sole, sia pure in differenti forme.

Le divinità precristiane diventate "la Befana"

Epifania deriva dal greco epifainomai, “mi mostro, appaio” e si riferisce alla prima “apparizione pubblica” di Gesù, al cospetto dei Magi appunto. Nei secoli Epifania è diventato Befania poi Befana. Alterazione nel tempo del termine “epifania” da parte del popolo italiano, che non capiva più il greco, il nome Befana evoca arcaiche divinità precristiane femminili che presiedevano ai dodici giorni più magici dell’anno, quelli che andavano dal solstizio invernale, già festeggiato dagli antichi Romani, sino al 6 gennaio dell’anno solare successivo.

Fuochi, ceppi e dolci

In quei giorni malinconici di fine anno solare le popolazioni antiche dell’Europa precristiana erano solite accendere fuochi per esorcizzare le giornate cortissime che lo caratterizzavano, addobbare rami di alberi o ceppi, scambiarsi doni, prevalentemente alimentari, farsi auguri per il nuovo anno, con la speranza di un futuro fulgido, florido e fruttuoso.

Con la cristianizzazione del continente europeo i simboli di quelle tradizioni millenarie sono stati per così dire incorporati dalla nuova religione. L’arcaico ceppo è diventato un dolce, il primigenio culto dei rami l’albero di Natale, San Nicola ha preso il posto di un essere divino legato alle foreste e alla natura selvaggia; la Befana ha assunto proprietà e qualità di antiche divinità femminili, ibridi tra fate e streghe, che donano beni ai bambini buoni e puniscono bonariamente con il carbone i bambini fastidiosi e indisponenti. Come tutti gli esseri sovrannaturali la Befana non ricalca schemi comuni: non cammina, bensì vola a cavallo di una scopa; si veste in modo eccentrico, ha un volto demoniaco, simile ad una maschera ancestrale.

Il valore magico della calza e di ciò che ci sta dentro

Per finire arriva da un’altra dimensione attraverso un varco spaziale misterioso: il camino o -in mancanza di questo- il foro della cappa della cucina, oscuri e “ponte” tra il rassicurante spazio domestico e lo spazio esterno, percepito come inquietante e potenzialmente pericoloso.

E la calza? Lungi dall’essere una banalità è in realtà un oggetto magico, che ha prerogative particolari sin dalla notte dei tempi; secondo alcuni studiosi del folklore la calza simboleggia il viaggio, secondo altri il percorso tra mondo sovrannaturale a quello umano, secondo altri ancora un medium fatto di tanti fili intrecciati tra loro, metafora delle relazioni e della realtà, tra divino e antropico. La calza appesa evoca la Befana, la attira nelle case, dove giunta attraverso un foro magico da un’altra dimensione dispensa regali e punizioni bonarie sotto forma di alimenti. Un tempo i genitori non mancavano di inserire nella calza un pezzetto di vero carbone, sostituito poi con carbone dolce alimentare.

La poesia “La Befana” della scrittrice Marianna Maltoni sintetizza perfettamente quanto si è descritto: “La befana vien pianino/cala giù per il camino/porta ai bimbi che son buoni/tante chicche, tanti doni/Ma se buoni non sarete/nella calza troverete/come chicchi, come doni/aglio, cenere e carboni".

Dagli agrumi alla frutta secca fino ai dolci industriali

L’ultimo quesito da sciogliere è legato alla natura dei doni che porta la Befana, ma l’arcano è semplice da scoprire in questo caso: specie in passato, quando l’Europa era povera e il cibo prezioso e anzi sacro, i doni erano prodotti alimentari come agrumi, frutta secca e per i più abbienti cioccolatini e caramelle, desideratissimi dai bambini per il loro sapore zuccherino. La tradizione con pochi mutamenti è giunta sino a noi. Oggi aziende e multinazionali fanno a gara per mettere in vendita calze della befana sempre più sofisticate, diversificate e ricche di prodotti cari ai bambini, come una nota azienda piemontese, produttrice di una crema spalmabile che è diventata sinonimo del Made in Italy, che ogni anno rinnova la propria produzione di calze con nuovi prodotti, formati di calza e gadget abbinati.

E il carbone dolce? Una volta non mancava mai nelle calze; oggi è considerato eccessivamente duro e troppo dolciastro, ed è stato praticamente eliminato.

Alessandra Guigonidi Alessandra Guigoni   
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