Tu ordini cibo, quelli rubano: i due milioni di euro scomparsi da Uber Eats. L'inchiesta
Fa scalpore il modo in cui due giovanissimi hanno ingannato la piattaforma di food delivery, reinvenstendo tutto in criptovalute. Qui i dettagli
Del lato oscuro del food delivery e delle app con cui ti basta qualche click per comporre un menu e farti portare il tuo cibo preferito a casa, avevamo scritto qui partendo da un'inchiesta. Ora si scopre che è facile speculare e guadagnare anche alle spalle dei giganti del settore e a farne le spese (con i soldi spesi dai clienti) è stato Uber Eats. Truffato da due giovani che negli scorsi due anni erano riusciti a mettersi in tasca oltre due milioni di euro, dopo aver creato un sistema di pirateria informatica che sfruttava la piattaforma di Uber Eats per gli ordini e la metteva in parallelo con un canale Telegram che forniva lo stesso servizio a prezzi dimezzati.
L'ordine e il rimborso falso
Come funzionava la truffa? Con ordini presi per conto di Uber Eats ma dando la possibilità che i clienti potessero pagare prezzi dimezzati. L'hacking ingannava gli ordini del gigante del delivery, in modo da far apparire che il cibo non era stato mai consegnato. A quel punto partiva la richiesta di rimborso per cui Uber Eats da un lato pagava il ristoratore e il rider addetto alla consegna ma restituiva anche l'intero importo ai due truffatori che così si arricchivano. Ma come era possibile sfuggire ai controlli? Anche grazie alla creazione di conti bancari falsi (circa 140mila, come hanno svelato le indagini) su cui far arrivare i soldi mentre le richieste di rimborso di moltiplicavano. La polizia francese ha individuato e fermato i responsabili della mega truffa ma a finire nell'occhio del ciclone è stato anche Uber Eats, per le falle nei suoi sistemi di controllo.
"Vendevamo solo tutorial"
La polizia francese e la sua divisione specializzata in crimine informatico, hanno catturato i due ventenni a Nanterre e Saint Nazare. Questi si sono difesi dicendo che vendevano via social tutorial che spiegano come difendersi dagli hacking, e non a metterli in pratica. Si è scoperto poi che i soldi incassati a scapito dei clienti e soprattutto del marchio di food delivery erano già stati reinvestiti in criptovalute. Ora la polizia cerca di capire dove siano finiti tutti quei soldi, dato che mentre provvedevano a bloccare i primi duecento mila euro dai conti dei due truffatori, questi sono spariti e la somma è stata spostata altrove. La caccia ai soldi prosegue, e ha il sapore di un boccone amaro.