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"Diffamazione e parassitismo": Ferrero, l'olio di palma e la causa persa contro Rigoni. E ora deve pagare

Il colosso della Nutella aveva citato in giudizio il marchio rivale per i suoi spot, ritenendoli lesivi della sua reputazione. Ma è andata male

di FoodCulture   
Nutella e Ferrero hanno perso contro Rigoni e la Nocciolata (montaggio da Ansa e Shutterstock)
Nutella e Ferrero hanno perso contro Rigoni e la Nocciolata (montaggio da Ansa e Shutterstock)

"Le cose buone sono fatte con il cuore" e "senza olio di palma". Per questo fanno sorridere e danno il buonumore. In molti ricordano questo slogan negli spot della Nocciolata della Rigoni di Asiago. Una delle "avversarie" sul mercato del colosso Nutella di Ferrero. Che per di più usava animali riprodotti al computer intenti a godersi la presenza del vasetto dell'azienda di Asiago. Dallo scoiattolo che sorrideva a fine spot fino alla versione aggiornata con l'orango (simbolo della foresta e un richiamo alla deforestazione) rilassato. A Ferrero non è andata per niente giù la comunicazione di Rigoni, e così ha citato in giudizio la rivale. Accusandola di "diffamazione e parassitismo". Ma la causa ha visto un finale inatteso per l'azienda di Alba.

Come è nata la Nutella: guarda e ascolta la videointervista

Condannati a pagare i danni a Rigoni

La controversia legale si è consumata in Francia, dove Ferrero e Rigoni sono finite di fronte al giudice, in particolare a muovere le pretese di risarcimento e blocco del colosso della Nutella erano gli spot trasmessi Oltralpe dal 2019 all'anno successivo. I rimandi all'assenza di olio di palma nella Nocciolata e all'orango sereno sono stati interpretati da Ferrero come tentativo, da parte di Rigoni, di screditarne la reputazione e la qualità del prodotto, e di appoggiarsi alla sua fama superiore. Anche se quegli spot non nominavano mai esplicitamente Nutella. Il giudice ha dato ragione a Rigoni: non c'è danno, e il tentativo di intimidazione legale di Nutella ha portato invece alla condanna di Ferrero a risarcire il marchio veneto con una somma di 10mila euro.

Ma perché l'olio di palma è percepito come un "veleno"? L'approfondimento

L'olio di palma, "carburante" di tanti scontri e critiche

La sentenza definitiva del contenzioso legale ha visto lo scorso 12 gennaio la sconfitta di Ferrero nei confronti di Rigoni. La stampa transalpina ha commentato che quanto accaduto, legato soprattutto all'uso dell'olio di palma, "Può danneggiare la reputazione di Ferrero". Che si è sempre difesa dicendo di adottare l'olio di palma perché più sostenibile di altri tipi di olio alimentare e certificato per qualità, con tanto di adesione all'RSPO, l'organismo che controlla la sostenibilità delll'uso di olio di palma. A comprendere il WWF che certifica regolarmente come Ferrero si un'azienda dal comportamento virtuoso nell'utilizzo di questa materia prima alimentare e nella sua tracciatura.

Settantasei milioni di tonnellate consumate ogni anno

Ma ambientalisti e commentatori di etica alimentare sottolineano che, seppure il marchio albese partecipa alla tutela delle maggiori foreste del pianeta, tutta una serie di appezzamenti secondari restano sotto minaccia, e che l'olio di palma è ancora un pericolo per la biodiversità. Perché la domanda è esplosa dagli anni Ottanta ad oggi, passando a 5 milioni a 76 milioni di tonnellate di olio di palma (attenzione: Ferrero ne usa solo 200mila tonnellate) a includere l'uso di questo olio non solo per la celebre crema spalmabile. A comprendere altri tipi di prodotti alimentari, biocarburanti e cosmetici. Con l'India ad avere più fame di tutti gli altri Paesi di questa materia prima. 

Ferrero e l'affare sbagliato delle nocciole australiane: persi 70 milioni di euro

 

di FoodCulture   
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