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Salt Bae nei guai, la dipendente: "Dovevo mostrare i miei piedi a un cliente. Per una ricca mancia"

Da tempo ex dipendenti parlano di abusi e discriminazioni nei locali della star del food e della carne gourmet. Ma ora è guerra legale: i dettagli

di FoodCulture   

La domanda la si può fare subito. C'è una "costola" del MeToo che sta nascendo all'interno delle cucine e fra i tavoli dei ristoranti più ricercati e trendy del mondo? Di certo arrivano i primi dettagli delle denunce di ex dipendenti di Salt Bae, il macellaio-imprenditore-influencer superstar della ristorazione. Celebre per i suoi show fra i tavoli, per i prezzi stellari dei suoi tagli di carne e per gli atteggiamenti muscolari resi ancora più spettacolari da video e post su Instagram e TikTok. Avevamo scritto qui di come iniziassero ad arrivare lamentele, racconti controversi e accuse di comportamenti discriminatori da ex dipendenti. Una delle quali esce allo scoperto.

"Dovevo mostrare i miei piedi a un cliente facoltoso"

La principale accusatrice di Salt Bae si chiama Cattysha Flores che ha lavorato nella bisteccheria di Salt Bae Nusr-Et Midtown a New York dal maggio 2019 fino a luglio 2021 per poi far causa al suo illustre titolare. Fra le accuse, il trattamento sessista e abusante, culminato con la costrizione a "mostrare i miei piedi" a un cliente particolarmente facoltoso. Quando la Flores fece presente la cosa al titolare, le sarebbe stato risposto di abbozzare e accontentare il cliente, uno che lasciava mance piuttosto generose, e che quella volta se accontentato c'erano in ballo 100 dollari, più o meno equivalenti ad altrettanti euro. Un'altra volta un cliente Vip l'avrebbe afferrata per un braccio chiedendole insistentemente di baciarlo. E pure quella volta il general manager del locale avrebbe minimizzato, replicando che il cliente era ubriaco e dandogli un cinque. 

Discriminazioni "se non sei turco"

La Flores racconta di aver chiamato due volte la polizia di fronte a fatti del genere, e che anche quando presente fisicamente nel locale, Salt Bae non avrebbe intrapreso alcuna azione legale, dando così una sorta di via libera ai suoi manager di avvalorare comportamenti volgari al confine con l'abuso sessuale. Poi c'è l'altro fronte, che riguarderebbe discriminazioni sul lavoro in base al Paese di provenienza e al non essere turchi (come è Salt Bae). Qui la voce che si leva più alta è quella di Taher Ali, manager di origine palestinese che per Salt Bae dirigeva un locale a New York, costretto a turni più faticosi e senza orari perché "non  ero uno di loro", cioè non faceva parte del gruppo di turchi privilegiati daloo chef della carne. E' solo l'inizio di una guerra legale nella ristorazione che ora entra nel vivo.

"Ero poverissimo, lavoro fin da ragazzino: ora voglio tutto". Tutta la storia di Salt Bae

 

 

 

di FoodCulture   
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