Il vino a oltre duemila metri d'altezza, un grande amore e l'ombra dell'Etna: dentro la Cantina Calcagno
La decisione di sperimentare, la passione per questo pezzo di territorio siciliano, la determinazione di due fratelli e una sorella. Il ritratto
"Tra i chicchi ombrosi, croccanti/Che scivolano tra le dita come perline/e i chicchi che il sole ha colorato di viola/Mentre guardi il mare/e quello zucchero diventa salsedine”.
Questa poesia, che ha vinto un premio letterario nel corso della manifestazione Vinòforum, si intitola Vigna d’estate. L’autrice è Giusy Calcagno, ultima generazione di una famiglia di viticultori attivi da anni sull’Etna a Passopisciaro, una frazione di Castiglione di Sicilia in provincia di Catania. “Per un po’ di tempo ho scritto per la Gazzetta di Giarre di argomenti politici e sociali. Poi, un giorno, il giornalista Beppe Servegnini mi ha fatto cambiare idea. Mi ha detto: ‘ma che vuoi scrivere? Se hai una vigna, scrivi di vino, occupati del vino’. Così è stato”, racconta Giusy.
Due fratelli, una sorella, una nuova visione
La storia della cantina moderna è frutto dell’impegno dei due fratelli Franco e Gianni, oltre che di Giusy, che con la passione e la dedizione per le vigne ereditate dal nonno, decidono nel 2006 di imbottigliare un vino che rappresenti l’essenza del loro territorio. Gianni con la meticolosità e l’esperienza acquisita dal papà e dal nonno cura i vigneti, Franco gestisce la parte economica dell’azienda e Giusy cura l’accoglienza in cantina per le degustazioni. “La mia famiglia coltiva i vigneti dall’800. I nonni erano viticoltori e vendevano il vino sfuso. La vendemmia era un giorno di festa. Gli anni 70 furono anni di crisi, ma la mamma non volle vendere i vigneti e lo zio Gianni aveva la passione del vino”, racconta Giusy Calcagno, durante la nostra visita nella vecchia cantina dei nonni. Poi, nei primi anni del Duemila arriva la svolta.
L'innamoramento per l'Etna
“Un nostro cugino - continua Giusy - conobbe Andrea Franchetti, l’imprenditore pioniere che veniva da una importante esperienza vitivinicola Toscana. All’inizio aveva pensato di investire in Calabria, poi arrivò qui e si innamorò dell’Etna. Cominciò a fare prove di vinificazione nella sua cantina. Franchetti ebbe l’intuizione di creare Contrade dell’Etna. Noi non volevamo neanche andare, non avevamo esperienza di degustazioni. Eravamo contadini, non avevamo ancora la mentalità dell’impresa né quella manageriale. Ma mio cugino portò le nostre bottiglie. Fu così che l’Espresso fece la prima recensione dei nostri vini”.
Piccola realtà, grossi investimenti
Oggi la cantina Calcagno, che vanta pure uno storico e suggestivo palmento, è una piccola realtà di appena sei ettari per una produzione totale di 35mila bottiglie. Dice Giusy: “Vogliamo crescere, mantenendo la dimensione familiare. Facciamo ancora lo sfuso per i consumatori locali. Ma abbiamo fatto grossi investimenti sulla produzione in cerca della qualità”. I primi passi dell’azienda avvengono nella piccola bottaia, quando sull’Etna c’era ancora scarsa competenza enologica. “Tutti cominciarono a usare la barrique per associazione alla Borgogna - racconta Giusy - poi passammo alla botte grande per mantenere la freschezza di frutto del Nerello Mascalese. Ci segue dal 2011 Alessandro Biancolin, il primo enologo di Franchetti, libero professionista dopo varie esperienze formative in Australia e Sudafrica”.
Viaggio fra profumi e nomi che raccontano una "missione"
La galleria dei vini Calcagno - alcuni dei quali hanno nomi provenienti dalle varie fasi del lavoro in vigna - è davvero molto interessante ed esibisce i progressi realizzati in quasi 20 anni da questa piccola azienda. L’Etna Bianco Ginestra 2022 ha un colore paglierino brillante, sa di ginestra, gelsomino e zagara, offre un sorso vibrante e salmastro. Il Prima Zappa 2020 ha uno stile più francese, aggiunge una nota più intensa di camomilla, frutta gialla matura, miele, fiori gialli, ottimo con i formaggi. “Prima Zappa è un Etna Bianco da Carricante che fa per metà barrique e per metà acciaio: un esperimento di bianco molto riuscito. Il legno dà più velluto ed esalta altri profumi”, spiega Giusy. Il Riterza 2019 è un Igt Terre Siciliane che proviene dalla macerazione delle uve di Carricante in Contrada Volpare a Milo: giallo dorato, sa di pesca e albicocca mature e di miele, in bocca è grasso, strutturato, sapido e persistente. Rifunniri è un altro Igt dalla forte impronta territoriale. È ricavato da Nerello Mascalese vinificato in bianco, il che lo rende un prodotto raro: il naso è molto delicato e floreale, il sorso è ricco di polpa e di sale.
Gli altri assaggi, con recensione
Il Romice rosato 2021 prende il nome da un fiore color fucsia tipico della sciara etnea: al naso si avvertono fiori bianchi ed erbe aromatiche, con la solita sapidità del sorso. Una interpretazione di rosé originale e convincente. Dice Giusy: “Siamo stati tra i primi a fare il rosato, ci abbiamo creduto subito: sull’Etna coniuga freschezza e mineralità con struttura e corpo. Il Rosato Arcuria 2016 ha vito l’Oscar Bibenda 2018”.
L’Etna Rosso 2020, blend di diverse vigne più giovani, fa acciaio più sei mesi di barrique: profumi di gelsi e di more, sorso vibrante e fresco, tannino teso ma integrato. Il Nireddu 2020 è un altro Etna Rosso che sosta in botti di rovere per 2 mesi, successivamente in acciaio: naso più speziato e tannino più grintoso, forse un po’ meno equilibrato ma di facile beva.
Arcurìa 2019 è un vino di contrada che fa un anno di botte grande. All’olfatto emergono la liquirizia, le erbe officinali e le note balsamiche, il sorso è intenso e verticale con un tannino importante. Un vino di ottimo livello. “Arcurìa è la più piccola contrada dell’Etna Nord, sita a 650 metri di fronte ai Nebrodi. Nella vigna ci sono alberelli convertiti a spalliera. Le viti arrivano anche a 70-100 anni di età”, spiega Giusy. In cima alla scala delle nostre preferenze si pone infine l’Etna Rosso Feudo di Mezzo 2019, di colore rubino, ancora più speziato al naso e più morbido e delicato in bocca, ma con una struttura consistente e una bella e lunga persistenza. I due vini da contrada di Calcagno possono essere associati alle migliori interpretazioni offerte oggi dalla viticoltura del vulcano.
Il record
Ma la cantina Calcagno può anche vantare un esperimento con un primato assoluto: l’affinamento dei vini a quota 2.813 metri sul livello del mare. Nel luglio 2015, in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), alcune decine di bottiglie di quattro diverse etichette, due rossi, un bianco ed un rosato, sono state conservate all’interno di casse di legno nell’Osservatorio dell’Etna, a poche centinaia di metri dal cratere centrale. L’obiettivo? Provare l’affinamento dei vini in alta quota e, nello stesso tempo, legare ancor di più un prodotto ad un territorio, anche fisicamente. “L’idea era che la bassa temperatura e la minore concentrazione di ossigeno nell’atmosfera rallentano l’evoluzione del vino, inoltre ad alta quota l’aria è più rarefatta e quasi priva di germi. C’è anche una parte filosofica: essere a 330 metri dal cratere principale”, spiega Giusy. Dopo poco più di un anno di conservazione, nel novembre 2016 i vini sono stati degustati da una commissione di esperti per verificare gli effetti dell’affinamento in alta quota. Ecco il risultato: “In tutti i campioni il livello di evoluzione era molto meno avanti di quanto ci saremmo aspettati, i vini sembravano più giovani di altri delle stesse annate, inoltre ci siamo trovati di fronte ad espressioni più fini, più gentili, con una mineralità molto evidente”, racconta Giusy. Un esperimento interessante che ha provocato l’interesse di altri territori del vino. Una conferma che tradizione e sperimentazione possono andare a braccetto.
Podcast: Il vino ad altezze impensabili e il genio ribelle di Franz Haas. Ascolta qui