Leila, il caso allarmante della food infuencer che documenta anche la sua anoressia, spinta dai follower
La Kaouissi sta diventando sempre più nota per come documenta le sue giornate. Ma i "seguaci" la spingono in una direzione preoccupante

I follower su Instagram e TikTok sono in rapida crescita ma quello di Leila Kaouissi è un caso di food influencer molto particolare. E che forse sta sfuggendo di mano. Di sicuro sta sfuggendo di mano proprio ai follower di Leila. Perché la Kaouissi fa due cose: documenta il modo in cui gusta, per quanto può, il cibo, ma al contempo parla con grande franchezza anche in video della sua lotta quotidiana con l'anoressia e la depressione. Terreno scivolosissimo e su cui bisogna muoversi con grande misura. Non quella che ha parte del pubblico di Leila.
Fino a che punto è "verità"
Quello di Leila Kaouissi, come hanno fatto notare altri influencer, è diventato un caso limite. Perché le sue dirette in cui documenta gli sforzi e i tentativi per riprendere a godersi il cibo e la vita, compresi i video mentre è in ricovero o fa la sua terapia, da un lato tengono l'attenzione viva su una realtà delicata e sensibie, dall'altro stanno alimentando quella tipica forma di morbosità da iper esposizione mediatica. In sintesi: una parte dei follower tifa per lei, commenta con affetto e vicinanza, ma un'altra parte la critica, le dà della bugiarda che spettacolarizza la sua condizione o le chiede di abbondare con le immagini in cui documenta la sua condizione. C'è anche chi le chiede di smettere di porsi così, e di cercare più supporto specialistico e affetto vero.
Il bisogno della "comunità" e la febbre dei like
Le immagini più rassicuranti sono quelle in cui Leila mangia, gusta, mostra i sapori che le piacciono, ritrova un equilibrio e una normalità. Ma ce ne sono molte, troppe, in cui indugia sulla sua sofferenza e, messa in discussione e sotto pressione dai follower, va appresso alla febbre dei like. Da una parte il bisogno di avere un gruppo, una comunità attorno che le dia riscontro e sostegno, dall'altra l'attrazione per il pubblico social e le sue derive. Il confine è sottile, e questo caso dà molto da pensare.