Mareme Cissé, la sua cucina, i premi e l'odio: "Sei nera, addio" e i clienti abbandonano il ristorante
Premiata per le ricette che uniscono Africa e Sicilia, la cuoca e il titolare della cooperativa si sono trovati di fronte a una orribile scena di razzismo
Ginger-people&food. Nel nome di questo piccolo miracolo di buona cucina, ospitalità e cibo come luogo di incontro di persone e culture diverse c'è già tutto. L'abilità gastronomica di Mareme Cissé, la sua storia fino all'arrivo in Italia, i sapori speziati e l'attenzione alle persone. Ecco perché da quando è nato questo ristorante dentro la cooperativa Al Kharub (in arabo: il carrubo, pianta fra le più diffuse in tutto il Mediterraneo) la cuoca senegalese pluripremiata viene considerata l'abbellimento definitivo di un piccolo miracoli di buona cucina e integrazione sociale. Presieduto dal fisioterapista e osteopata agrigentino Carmelo Roccaro. Ma quando sei veloce e dinamico in un Paese lento e conservatore come il nostro, ecco tornare l'ombra brutta del disprezzo per una pelle diversa, del razzismo. Ciò che è accaduto a Mareme Cissé.
"Sei nera, mi alzo e me ne vado"
Fa discutere da ore il post su Facebook di Carmelo Roccaro dopo quanto è accaduto nel ristorante della cooperativa in cui lavora Mareme Cissé. Roccaro ricostruisce la scena di razzismo che si è svolta fra piatti e tavoli: "Sei entrata di fretta, con il tuo compagno, capelli brizzolati, tagliati cortissimi “alla Sinéad”, donna nostrana sulla sessantina circa. Sei stata accolta con il sorriso dalla nostra Karima, addetta di sala, giovane ragazza di seconda generazione, grande lavoratrice, che ti ha fatto accomodare dove volevi tu. Dopo qualche minuto ti ho visto alzare da tavola, disturbata, e dirigerti verso l’uscita. Ti sono venuto incontro per capire cosa stesse succedendo ma non mi hai degnato di uno sguardo e, alquanto seccata, non hai neanche risposto al mio saluto e sei andata via, così. Karima mi guardava con gli occhi sgranati e a bocca aperta dicendomi 'Dopo avere visto il menù la signora mi ha chiesto se per caso la proprietaria del ristorante fosse una signora neg…di colore. E alla mia conferma si è alzata dicendo che non voleva più cenare qui…'".
Un finale amarissimo
Nella ricca testimonianza di Roccaro quel che colpisce è uno dei passaggi finali, questo: "Ma, ti sembrerà strano, ieri io ti ho anche ammirato. Ti ho ammirato perchè hai avuto la coerenza di dire quello che tante persone, concittadini, amici pensano ma non hanno il coraggio di ammettere. Non importa se si tratta di spazzatura, ma lo hai detto, hai fatto uscire quello che si nasconde dentro di te, sei stata, a tuo modo, sincera". C'è tutto uno scenario di razzismo e di invidia attorno alla cucina premiata di Mareme Cissé e ai progetti di Al Kharub: "Frasi come 'Non vi montate la testa, volate basso', 'Avete i prezzi troppo alti, i più cari della città', 'Fate porzioni troppo scarse', 'Una cucina neanche minimamente paragonabile alla nostra' 'Tutto troppo piccante' in fondo vogliono dire quello che tu hai detto, senza peli sulla lingua: la cuoca è nera, voi tutti siete neri, avete oltrepassato il limite". Se il nero lava i piatti o fa lavoretti umili, torna ad accucciarsi dentro uno scenario di stereotipi che rasserenano chi combatte l'integrazione e l'evoluzione sociale. Se no ecco lo sdegno, lo schifo e il voltare le spalle a quella cucina.
La storia, le ricette e i premi di Mareme Cissé
Il cous cous di cui ha vinto il campionato mondiale, i fattaya, deliziosi saccottini di pasta ripieni di carne o pesce con salsa di cipolle e pomodoro, il pane arabo con crema di robiola, lo yogurt con le erbe dell’Egitto, la makuda e le cipolle caramellate, il baccalà in insalata senegalese, oppure gli acra, polpettine fritte di farina di ceci sono solo alcune delle specialità di Mareme Cissé. Capace di vincere World Couscous Championship di San Vito Lo Capo e nella competizione televisiva condotta da MasterChef Bruno Barbieri, Cuochi d’Italia di Tv8 dove ha sbaragliato chef provenienti da tutto il mondo presentando la ricetta più originale. Quindi il Premio Bezzo, per l'alta sostenibilità della sua cucina. Arrivata in Italia, ad Agrigento, 20 anni fa con marito e figlio, in Sicilia dalla loro unione ne sono nati altri tre. Subito notata da Roccaro, con la cucina in sette anni ha superato molte diffidenze locali ed è diventata uno dei personaggi più conosciuti ad Agrigento. L'integrazione è nelle sue ricette: il formaggio di capra girgentino e la birra locale entrano nelle ricette africane mostrando tutta la parentela fra terre solo apparentemente separate dal mare. Fino a che una cliente vede la tua pelle e decide di riportare a galla gli orrori alla "negra, stai al tuo posto", voltandoti la schiena.