Sonia Peronaci: "Perché al top del successo ho venduto Giallozafferano. E ricominciato da capo"
Era una commercialista, ma voleva altro. Ha fondato il sito re del food in Italia, ma anche quello le andava stretto. Ritratto di un "punto e a capo"
Essere insofferenti della propria vita e decidere di puntare tutto su quel che ami, di farlo con chi ami. Pazienza se questo passo significa scontentare la famiglia e lasciare un lavoro che sembrava il più solido, rispettabile e sicuro. La storia di Giallozafferano, prima sito Web quando i social non erano ancora esplosi, poi re dell'informazione legata al food e alle ricette in Italia, quindi gigante editoriale diventato anche una rivista e una community da 43 milioni di follower, è l'emblema di come la passione sia un motore invincibile quando si affrontano nuove sfide e relative stanchezze. Quella sfida ha un nome e cognome: Sonia Peronaci. Da anni quella è la sua firma su ogni cosa che fa, ma un po' prima ci sono stati l'invenzione e il decollo altissimo di Giallozafferano. Ne abbiamo parlato con lei al margine del Tedx a Cagliari, di cui è stata fra gli speaker.
Sonia, partiamo da questa data: 6 giugno 2006, la nascita di quel fenomeno che è diventato Giallozafferano. Ricordi come arrivò l'idea che ha fatto cominciare l'impresa?
"Io e Francesco Lopes, mio compagno e prossimo sposo, abbiamo deciso di fare qualcosa che ci appassionasse davvero. All'epoca eravamo entrambi commercialisti, tutti e due abbastanza annoiati da questo lavoro. Ci piacevano molto le cose che faceva Martha Stewart sul Web all'estero, nei primi anni Duemila in cui in Italia nessuno aveva ancora capito bene che cosa fosse Internet. All'epoca i computer non erano così diffusi a casa, niente smartphone né tablet ma altrove succedevano cose entusiasmanti. Io però cominciavo a sviluppare il progetto: dopo le ore di lavoro in studio tornavo a casa, preparavo e descrivevo ricette, avendo sempre cura che fossero oneste, cioè davvero riproducibili dal pubblico a casa propria. Se no si sarebbe trattato di un puro show di intrattenimento. La cosa è andata sempre meglio.
Poi la prima svolta.
"Sì, nel 2008 siamo stati notati da Banzai, l'unica società che aveva capito quali potenzialità avessero i nuovi media su Internet. Uno dei suoi fondatori era Ainio, già creatore di Virgilio. L'idea era quella di raggruppare siti prometenti che trattassero i temi più popolari, una sorta di Mondadori del Web. Siamo così entrati a far parte di questo gruppo continuando a portare avanti Giallozafferano, per noi era l'opportunità di imparare bene nelle dinamiche editoriali mentre esplodevano Facebook e i social media. Banzai ci ha dato supporto e un po' di capitale per migliorare la sede e la struttura. Così Giallozafferano è diventato grande, grosso e famoso, arrivando da piccoli follower a macinare due milioni e mezzo di utenti unici al giorno. Tutto traffico organico, senza siti annessi o acquisto di traffico".
Ora è una grande community.
"Sì, hanno puntato sulla grande aggregazione e a quel punto io, che ero la fondatrice, diventavo una figura scomoda rispetto a un brand che si voleva sviluppare con altre strategie. Ma le persone amavano Giallozafferano per le cose che facevo io, è un po' come quando continui ad andare nel ristorante dove c'è lo chef che ti ha reso felice. Con questo siamo arrivati al 2015, dove ho deciso di cedere tutto e ripartire".
Secondo tempo della tua vita. E' stato difficile ricominciare?
"Molto impegnativo, così è nato soniaperonaci.it. Abbiamo dovuto trovare una nuova sede, un look differente, diversificare il nostro tipo di proposta sulle varie piattaforme. Ma il fatto è che io mi stufo del solito tran-tran. Dovevo però dimostrare di poter fare qualcosa di altrettanto bello, creativo di Giallozafferano. Ho cominciato a creare e curare anche eventi live e la scuola di cucina, oltre alle trasmissioni tv e ai video per Youtube, Instagram e TikTok".
Ma come si fa a resistere all'onda famelica dei nuovi creator legati al food?
"Essendo se stessi. I giovani creator puntano molto sull'effetto e sull'intrattenimento. Quindi da un lato quando si parla di cibo, ricette e preparazioni si deve tenere conto del nuovo pubblico che vai a cercare, dall'altro è importante apparire sinceri, veri. Io ho puntato sempre molto sul fatto che nel rifare le mie ricette, queste vengano bene e siano utili e saporite anche a casa. Mi interessa anche spiegare le storie dentro alle ricette, come nascono certe combinazioni, la cultura che sta dentro le materie prime. Non mi piacciono le cose spinte e scenose alla Tasty, il fenomeno americano fatto di roba stra-fritta e ultra insaporita che però fa male. La cucina deve essere onesta, il valore va percepito. Certo non mi metto a fare a gara col ragazzo iper palestrato che si mette a cucinare in video, perché quello avrà centinaia di migliaia di follower solo perché si mostra così in video. Non vado appresso al simpatico a tutti i costi o alla belloccia che si filmano fra dispense e piatti".
Quanto è impegnativa una tua giornata media tra preparazioni, ricette e riprese audiovideo?
"Può durare anche dodici ore no stop. Solo in tv facciamo circa 120 ricette per ciascuna serie, poi c'è Youtube, quindi arrivano le cose più corte per TikTok e Instagram. C'è un grande lavoro di ricerca e scrittura che, se fatto bene, ha necessità di un bel team e di competenza. Sono felicissima della redazione che lavora con noi".
Hai descritto la tua avventura anche come percorso per far esplodere la parte creativa e femminile di te, senza costrizioni. Per te il cibo e la cucina rappresentano questo?
"Esattamente, sì. Io non mi sono mai atteggiata a grande chef, mi interessava usare un look che mi rappresenta, un approccio semplice, competente e onesto. Con dentro la creatività".
Nel mentre la collaborazione con Francesco Lopes è diventata una storia d'amore. Quanto manca al matrimonio?
"Un mesetto, il 5 luglio ci sposiamo e siamo nel pieno dei preparativi. Siamo felicissimi".
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